Recensione: Hard Incursion [Reissue]
Fra le ultime riproposizioni operate dalla label Jolly Roger Records compare anche Hard Incursion, dei pescaresi Unreal Terror. Come già scrissi nel 2007 in occasione della ristampa avvenuta l’anno precedente di Heavy&Dangerous, da parte della Minotauro, questa a grandi linee la storia della band: nati dalle ceneri dei Respiro di Cane, i Nostri si affacciano ufficialmente sul panorama HM tricolore nel 1979, anno della loro costituzione, sotto il moniker U.T. E’ del 1982 l’adozione definitiva del nome per esteso, “Unreal Terror” e, dopo qualche anno passato a fare concerti, nel 1985 esce l’Ep d’esordio Heavy and Dangerous, con la seguente line-up: Enio Nicolini al basso, Mario Di Donato – successivamente nei Requiem e poi nei The Black – alla chitarra, Luciano Palermi alla voce e Silvio “Spaccalegna” Canzano alla batteria. Hard Incursion, primo (e ultimo) full length del gruppo, vede originariamente la luce l’anno successivo, tramite Speed Records e segna l’entrata di Beppe Continenza alla chitarra, a prendere il posto del fuoriuscito The Black, mentre il resto della formazione rimane immutato.
La ristampa Jolly Roger, oltre a ridare finalmente luce a un importante capitolo dell’HM italiano degli anni Ottanta, permette a tutti gli appassionati di poter godere di un prodotto curato che, altrimenti, a oggi risulta di difficile reperibilità, quantomeno a prezzi umani per un vinile dell’epoca. Hard Incursion in versione Cd consta di un booklet contenente tutti i testi di otto pagine, una foto della band sulle due centrali e quattro pezzi bonus inediti, risalenti al 1987, prodromi di quello che poteva essere il capitolo successivo, progetto poi sfumato per via del trasferimento negli Usa del singer Luciano Palermi e del chitarrista Giuseppe Continenza.
Tredici canzoni in totale, quindi, tutte rimasterizzate a comporre l’ossatura di questo ulteriore ripescaggio nel passato dell’Hard’N’Heavy tricolore. Spararsi per interno Hard Incursion dopo essersi gustati gli ‘Unreal dal vivo all’interno del bill del Festival Acciaio Italiano IV tenutosi in quel di Mantova lo scorso 24 maggio può produrre effetti spiazzanti, di primo acchito. Enio Nicolini e soci sulle assi di un palco spaccano di brutto; Luciano Palermi è frontman di razza dotato di voce d’acciaio, Silvio Canzano (il terzo membro storico) randella come ai bei tempi e la Loro performance strametallica dalla connotazione fortemente Judas Priest ha convinto anche chi li ha visti per la prima volta. La formazione si completa con le due asce di Iader D.Nicolini e Paolo Ponzi.
Proprio per questo sentire la stessa band sui solchi di Hard Incursion provoca più di un interrogativo. Purtroppo il disco del 1986 passò alla storia proprio per il fatto che una produzione piatta, minimale, per i buonisti a tutti i costi troppo pulita, annichiliva la potenza e l’onda d’urto siderurgica che viceversa i pescaresi si portavano da sempre addosso, scolpita nel Loro Dna. Ricordo ancora oggi nitidamente quando acquistai l’Lp, in tempo reale, e ne rimasi profondamente deluso per via della resa sonora, imbarazzante, per usare un eufemismo, ovviamente se paragonata alla qualità media delle uscite delle altre band italiane di quel momento storico.
Al di là degli ascolti negli anni successivi, rituffarmi oggi fra le sonorità di pezzi dall’altissimo potenziale quali At the End of the Last Chapter, probabile punta di diamante dell’intera produzione dei ‘Terror, oltre alle energetiche Pulling the Switch, Brainwashing e la particolare Lucy Cruel, equivale a godere di sonorità immortali che fanno parte dell’Epopea dell’Acciaio italiano. Come allora, però, permane quel disappunto legato ai suoni alle casse. Evidentemente l’operazione di rimasterizzazione, pur di non violentare il prodotto originario, si è spinta fin dove ha potuto e non oltre. Per quanto attiene le quattro bonus track, a partire dalla maideniana Black Belt e passando per l’epica Ship of Fools, denotano la volontà degli Unreal Terror di mantenere fede alla propria proposta legata all’HM più tradizionale: quindi ritmiche serrate al servizio di un fuoriclasse dietro al microfono quale Luciano Palermi, mai così vicino al Geoff Tate dei tempi d’oro, nella fattispecie. Alla luce di quanto ascoltato, davvero un peccato che gli abruzzesi non siano approdati al terzo disco della Loro carriera, in quegli anni, magari pure con la produzione che si meritavano, ampiamente…
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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