Recensione: Harem Scarem

Di Andrea Costenaro - 22 Marzo 2008 - 0:00
Harem Scarem
Band: Harem Scarem
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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96

Gli Harem Scarem sono uno dei pochi gruppi AOR nati negli anni 90 – in piena esplosione grunge – che può contare ancora oggi su di un proprio marchio di fabbrica inconfondibile. E’ impossibile, per chi li ascolta, non riconoscerli dopo appena 20 secondi di una loro qualsiasi canzone!

L’ugola di Harry Hess e i fraseggi di Pete Lesperance sono ancora oggi dei baluardi imprescindibili per coloro che amano tale sonorità; pur riconoscendo che nell’arco della loro carriera gli H.S. hanno spesso sconfinato in territori maggiormente mainstrem, gli stessi hanno sempre mantenuto una capacità di creare melodie raffinate e poderose come caratteristica principe, tanto che attualmente sono tra i pochi a poter essere considerati nel novero dei veri grandi gruppi di AOR ancora attivi e con una carriera ventennale alle spalle.

Purtroppo il presentarsi sulle scene musicali quando l’appeal commerciale delle case discografiche verso tale genere era oramai svanito, ha impedito ai nostri di essere oggi dei musicisti stramiliardari, ma questo depone ancora di più a loro favore visto che la genuinità della proposta è frutto solo di pura passione e non di mero calcolo e convenienza commerciale.
Questo esordio è senz’altro il più affine agli stereotipi del genere, avendo al suo cospetto un uso massiccio di orchestrazioni vocali e di tastiere che non si ripresenteranno poi nei loro successivi lavori, basati maggiormente su refrain di chitarra.

Dunque AOR puro, con melodie potenti ed incalzanti come nell’opener ”Hard To Love” e in ”With A Little Love”, ballad strepitose come ”Honestly” e ”Something to Say”, perle di raffinatezza e di semplicità come ”Distant Memory” e ”Slowly Slipping Away”.

I nostri canadesi si caratterizzano dalla miriade di gruppi similari per l’uso combinato e favoloso dei cori, melodie semplici ma mai banali, con dei ritornelli efficacissimi che restano subito in mente e degli arrangiamenti alquanto azzeccati, su tutti, di chitarra (“Don’ t give your heart away” dovrebbe essere insegnata a tutti i musicisti/compositori che si cimentano con tale genere!).

Difficile poi trovare un paragone con i grandi nomi, visto che all’epoca si passava dall’AOR allegro e scanzonato di Bon Jovi/Def Leppard/Nelson a quello più intimista ed elegante dei maestri Journey….forse solo i Giant possono essere accostati per la capacità di essere AOR pur non dipendendo dalle tastiere come base strutturale dei pezzi, e per il fatto di non essere stati baciati dalla sorte del grande successo commerciale, cosa che, vista la grandezza di questo disco (e del successivo ‘Mood Swings‘) è pura ingiustizia.

Come anticipato, la loro discografia ha poi avuto una flessione (‘Voice Of Reason‘ in primis) fino ad un vero e proprio cambio di nome (come The Rubber), in quanto passati ad un poprock tanto in voga (stile Matchbox Twenty…), riportandosi poi sulla retta via nei primi anni 2000, grazie ad ottime uscite (soprattutto ‘Weight Of The World‘, vero gioiellino) e tutt’ora producendo degli interessanti albums che tentano di riavvicinarsi a questi fasti e a queste sonorità immortali.

Disco comunque immancabile nella discoteca di ogni AOR maniac…

Tracklist:

01. Hard To Love
02. Distant Memory
03. With A Little Love
04. Honestly
05. Love Reaction
06. Slowly Slipping Away
07. All Over Again
08. Don’t Give Your Heart Away
09. How Long
10. Something To Say

Line Up:

Harry Hess – Voce
Pete Lesperance – Chitarra
Darren Smith – Batteria
Mike Gionet – Basso

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