Recensione: Hated For Who We Are

Di Fabio Vellata - 24 Novembre 2009 - 0:00
Hated For Who We Are
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Anno: 2009
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65

Ruvidi, grezzi, selvaggi, scanzonati ed ironici. Poco personali, dal songwriting minimale ed un po’ troppo prevedibili nella struttura dei brani.

In due righe, il riassunto della proposta degli alessandrini Lucky Bastardz, band giunta con “Hated For What We Are” all’esordio discografico sulla lunga distanza, edito sotto la rispettabilissima egida della Swedmetal Records.
Il raffronto, non appena avviata la riproduzione delle prime tre note dell’opener “Devil Cum” è immediato ed inevitabile: Motorhead.
Vocals sgraziate ed urlanti, ritmica a cannone imbastita attorno ad un rock n’ roll sporco e violentissimo che si sublima in testi da saloon e riff di chitarra schietti, diretti ed iperamplificati, riassumono, nello specifico, le coordinate base del “Bastardz sound”, invero piuttosto simile a molti altri e non già, come riferito in apertura, dotato di un’originalità sufficiente a rendere i pezzi capaci di stuzzicare la memoria dell’ascoltatore in maniera particolarmente incisiva e duratura.

Senz’altro divertente e buono per saltuarie scorribande a base di volumi tonanti e sgommate “alcoliche”, il debutto della band tricolore è, in sostanza, un prodotto che poggia la propria forza essenzialmente su di un unico fattore predominante, identificabile nella forza d’urto di canzoni che paiono costruite per garantire riscontri di sicuro effetto in sede live, momento in cui il gruppo nostrano pare riservare le sorprese migliori.
“I’m a rocker, don’t blame me”, “Flame Rock n’roll”, “Rotten Pussy” e “Reborn Again” sono episodi di heavy rock n’roll verace e sanguigno, che non riserva alcun tipo di velleità stilistica di particolare raffinatezza ma predilige il proverbiale lavoro di “roncola”, menando fendenti in ogni dove alla ricerca della pesantezza di un suono che, purtroppo, non si rivela sempre di prima qualità e pecca in più punti a livello di pulizia e definizione.

In scia ad un nucleo di band emergenti attive in penisola, quali Dustin Eyes, Backstage Heroes e Southern Drinkstruction, i Lucky Bastardz non appaiono insomma fini dicitori dell’arte musicale rockettara (sebbene i singoli musicisti, siano comunque in grado di mostrare una tecnica strumentale di primo piano), preferendo evitare leziosità e ricercatezze a pieno vantaggio di un risultato tutto sostanza, “grinta e sudore” che, pur se non dotato di spunti davvero degni di menzione, finisce inevitabilmente per divertire e rendersi consigliabile per chiassose e cialtronesche gazzarre innaffiate da un po’ di primitivo heavy rock, cui non difetta il ragguardevole pregio di sapersi prendere non troppo sul serio.

Un project estemporaneo e nato per caso che pare concepito con intenti ben lontani dal perseguire riscontri artistici di particolare rilievo e prestigio, quanto piuttosto, quale ideale valvola di sfogo permeata da intenti prettamente ludici e disimpegnati.

Per farla breve, un disco per nulla essenziale o di prima fascia, che potrà tuttavia risultare gradito ai particolari amanti del rock n’roll grezzo e stradaiolo in scia alla più truce e selvaggia tradizione “motorheadiana”.

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Tracklist:

01. Devil Cum
02. Bite Your Heart
03. Im A Rocker – Dont Blame Me
04. Captain Highway
05. Flame Rock N Roll
06. At What Time Does My Breath Stop
07. Rotten Pussy
08. Same Shit Different Day
09. Evils Bride
10. Another LBZ Nite
11. Café Racer
12. LBZ Truth
13. Reborn Again

Line Up:

Geppo – Voce
Paco  – Chitarre
Evan L.A. –  Basso
Mark – Batteria

 

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