Recensione: Hawk
Ennesima cometa che si affacciò sul panorama a stelle e strisce per poi sparire tra l’assoluta indifferenza generale, cometa che mai come in questo caso avrebbe meritato un passaggio più lento e luminoso. Gli statunitensi Hawk nacquero sul finire del 1984 per volere del talentuoso Doug Mark, ottimo chitarrista nonché eccellente songwriter capace di amalgamare il Class Metal e l’Hard & Heavy più muscolare abbinato a riffing tipicamente heavy metal corroborato da linee vocali che in più di qualche caso riportano alla mente il Ronnie James Dio di metà anni ottanta sfiorando il Lizzy Borden più carismatico. La prima formazione poteva vantare tra gli altri il giovanissimo drumer Scott Travis (Judas Priest, Racer X) sostituito poco prime della pubblicazione dell’LP dall’allora sconosciuto Matt Sorum (Gun’s Roses, Cult, Velvet Revolver, Slash’s Snakepit).
Hawk uscì nel 1986 ed è da considerasi una tappa obbligatoria per ogni heavy rocker fan degno di tale nome. L’amalgama sonora prodotta dall’alternarsi di riff taglienti sormontati da veloci solos atti ad impreziosire una struttura, che, pur abbastanza lineare, si discosta di molto dalla miriade di band dedite più o meno allo stesso genere per via di una ricercata vena creativa assolutamente sopra la media. Se a tutto questo ci aggiungiamo un cantante di razza come David Felfot, prototipo dell’heavy metal singer made in USA, il quadro è completo. Dotato di un voce calda ed avvolgente è capace di amalgamarsi in maniera esemplare sia nelle parti più tirate che in quelle in cui si rende necessaria un’interpretazione più drammatica. Molti di voi ricorderanno questo singer in “Downtown Dreamers” dei Masi e soprattutto negli epic metal heros Valhalla ma mi sento di affermare senza timor di smentita che la sua miglior prova la diede proprio in questo “Hawk”.
Le canzoni? Inutile elencarle una ad una, qua si parla di heavy metal esplosivo come da tradizione statunitense ma se proprio ne devo estrapolare alcuni esempi non posso non citare la saettante opener “Tell the Truth” rasoiata hard & heavy d’altri tempi o la cadenzata “Witches Burning” heavy rock epico come Ronnie James Dio insegna o ancora il bellissimo hard & heavy di “Fades So Fast” dove echi dei gloriosi Valhalla affiorano durante la soffusa introduzione giocata su di una paradisiaca prova vocale di Felfot prima che il tutto venga vivacizzato stop and go sottolineati dall’incendiaria chitarra di Doug Mark
In un periodo dove le definizioni heavy metal e hard & heavy vengono continuamente usate a sproposito alterando il loro primitivo significato vi offro su di un piatto d’argento la definizione riportata in musica dei due generi in oggetto in un unico disco, Hawk.