Recensione: He Saw It Comin’
Come è noto, “Rising” (2009) è l’ultimo album di Jack Russell con i Great White, dopo quella data il frontman californiano abbandona progressivamente la band, prima sprofondando nella dipendenza da farmaci antidolorifici a seguito di un brutto incidente domestico, poi riemergendone (trovando lo sprone nella scomparsa del caro amico Jani Lane degli Warrant) ma indirizzando la recuperata vitalità verso un proprio progetto solista. Per un breve periodo sembrano dover coesistere due entità chiamate Great White, con tanto di strascico legale, finché Russell s’inventa l’escamotage dei Jack Russell’s Great White, band con la quale parte per il primo tour nel 2012, fino ad approdare oggi alla pubblicazione del primo album.
Il vecchio Jack di lavori in autonomia ne aveva dati alle stampe già un paio, nel ’96 e nel 2002, ma stavolta si è servito apertamente del monicker Great White. Il che porta inevitabilmente l’ascoltatore a mettere in parallelo “He Saw It Comin’” con le origini del nostro cacciatore di squali bianchi. Sarebbe opportuno e politicamente corretto analizzare un lavoro del genere indipendentemente dal vecchio gruppo nel quale militava Russell, una progressione in avanti che meriterebbe un giudizio a se stante, tuttavia Russell è il primo a riportare l’attenzione sui Great White, quasi a voler dire “ecco, io li intendo così, giudicate voi quale sia la versione migliore“.
Ad oggi Kendall e Lardie hanno pubblicato il solo “Elation” nel 2012 (con Terry Ilous degli XYZ alla voce), un album sinceramente discreto anche se frenato dalla mancanza della voce che ha marchiato indelebilmente la storia della band. Per quanto i Geat White continuino a fare buona musica, la resa non potrà mai essere la stessa, l’ingrediente Jack Russell manca e si sente, come il sale nell’acqua della pastasciutta. Specularmente si potrebbe quasi dire lo stesso di “He Saw It Comin’“, Russell senza quella band alle sue spalle non riesce ad ottenere la magia del sound dei Great White, ma neppure ci si avvicina proprio. E dire che si è accortamente circondato di musicisti di livello, provenienti dai Montrose, dalla band di Dickinson solista, dai Fight di Halford, nonché il sodale Tony Montana (non quello di Scarface ma quello che ha condiviso con Russell una fetta di militanza nei Great White). Le 11 tracce in questione ammancano della chimica dei Great White, quella misteriosa miscela di erotismo e dolcezza, tensione e romanticheria, vibrazioni e sentimenti trasportati da partiture rock, blues e soul come solo l’unità di quelle specifiche personalità sapeva generare.
L’album di Russell va in altre direzioni, quelle di un rock anche piacevole e tutto sommato ben realizzato ma che non appartiene alla tradizione Great White (e allora perché l’insistenza su quel richiamo nel monicker?), salvo qualche rara suggestione isolata che spunta qua e là, in qualche strofa, qualche riff, rapidi passaggi che rimangono in superficie. Pezzi come la titletrack o “Godspeed“, per citare due esempi, sembrano più appartenere al songbook di certi Aerosmith light e piacioni che ai viscerali e sanguigni Great White. Non che questo obblighi a dover criticare necessariamente l’album; il vero fatto significativo è che “He Saw It Comin’” non è un disco particolarmente emblematico e pregnante, quale che sia la prospettiva stilistica da cui lo si guardi. Gradevole ma tutto sommato modesto, soprattutto per un blasone importante come quello di Russell.
Marco Tripodi