Recensione: Headstrong
Anche se in circolazione da quasi 30 anni, qui da noi la popolarità dei Pink Cream 69 non ha mai toccato vertici altissimi. Per la stragrande maggioranza degli aficionados questa band è conosciuta più che altro per aver ‘girato’ il cantante Andy Deris agli Helloween, che, a partire da “Master Of The Rings” (1994), salvò letteralmente la baracca delle zucche dopo il misfatto “Chameleon” (1993) con relativo abbandono di Michael Kiske.
Per tutti coloro che si imbattono per la prima volta in un disco di questo tipo, siamo al cospetto di un album di hard rock melodico con alcune punte più moderne, dove si nota l’attenzione per un amalgama chitarra/voce quanto più calibrata possibile. Si tratta comunque – è bene precisarlo fin d’ora – di un disco ricco di tinte forti ma anche malinconiche, introspettivo se vogliamo, ma che necessita ben più del solito superficiale ascolto per essere assimilato a dovere. “Headstrong” è il dodicesimo album in studio della discografia (autori anche di un live ed una manciata di ep) dei tedeschi, e si presenta come la naturale prosecuzione di un percorso fin qui rigoroso ma che finora non li ha mai fatti veramente emergere. La produzione passata della band, anche se decisamente di buon livello, non ha mai prodotto il guizzo capace di far fare loro un salto di qualità e soprattutto di notorietà. Il disco che abbiamo fra le mani continua bene o male nello stesso solco: classico hard rock melodico ottimamente suonato, con la voce brillante e potente di David Readman in evidenza, con una spruzzata di power e di ariose melodie ad impreziosire il tutto. Al disco non manca nulla: la produzione ad opera dell’affermato producer (nonché bassista della band) Dennis Ward è ottima, non i brani che sono vari ed eterogenei, non la qualità compositiva e nemmeno quella esecutiva.
Ai Pink Cream 69 manca solo un po’ di coraggio e forse un po’ di “sporcizia” in più. Il disco scorre via preciso ed ordinato, come il panorama dal finestrino di un treno svizzero: dai picchi innevati dei passaggi più ariosi e epici, attraverso foreste di note dei soli delle chitarre, fino alle case dei paesi sorrette da una sezione ritmica affidabile e ben impostata…Tutto perfetto, ma troppo. Un disco che suona esattamente come deve suonare è forse un eccesso. Ma è solo mania di perfezionismo, di fronte ad una band assolutamente onesta e di qualità. Comunque sia, i Pink Cream 69 che preferiamo sono quelli energici e irruenti che troviamo nella pregevolissima opener “We Bow To None”, un brano veloce e tirato ma orecchiabile nell’insieme, specie nel refrain e dal forte retrogusto ‘wurstel & crauti’ grazie ad una doppia cassa martellante impostata su classici schemi power metal di metà nineties. Questo brano offre ottimi spunti vocali da parte del talentuoso David Readman, oltre che un abbagliante assolo di chitarra. Dannatamente buono anche il mid-tempo successivo “Walls Come Down” che mette in risalto una band moderna, ma rigorosamente classica, che apre e chiude a dovere la mandata dell’energia quando serve. “Path Of Destiny” è un’altra bella prova: se il numero dei giri è medio alto il risultato è ottimo. Ci piace tanto poi ritrovare quel gusto dell’assolo metal tradizionale presente nella marziale “Bloodsucker”, composizione strutturalmente ordinata e ben concepita. Anche senza sperimentazioni in un genere come questo si trova il giusto appagamento. “Vagrant Of The Night” è la ballata di un ottimo album. Forse più morbida di quanto avremmo voluto, sta un gradino sotto al resto riuscendo veramente credibile solo quando la voce si alza di potenza e tono e le chitarre lo vanno a sottolineare fino all’esplosione dell’assolo. Qui è tradizione pura, memore di certi Whitesnake, ma che qualità! “Man Of Sorrow” è di nuovo tempo intermedio dall’incedere epico con refrain anthemico. Bel brano, energico e tonico soprattutto il gioco tra una chitarra solista decisamente rock su tappeto metal epico.
In conclusione il disco è molto bello e ha veramente tutto per piacere, manca un pelo di cattiveria, ma probabile che l’indole ordinata dei nostri eroi sia questa e in fondo cercare un difetto in questo album è quasi un esercizio sterile. Manca il brano “zampata”, quello che dà la botta di adrenalina e che da solo ti fa comprare l’album, ma non tutti ci riescono e forse cercarlo a tutti i costi qui sarebbe pericoloso. Grazie ad un songwriting variegato e all’ottima prova al microfono di Mr Readman, i Pink Cream 69 centrano ancora una volta il bersaglio. Promossi con pieno merito…