Recensione: Healed by the Sun
Tornano gli Ivanhoe dopo quattro anni di rigoroso e prolifico (?) silenzio, cambiano due quinti della loro formazione ma non la formula e la proposta che rimane da sempre invariata, fin da quel lontano 1994 con cui vennero al mondo con il sorprendente Visions… and Reality. I nuovi innesti per questa uscita sono Chris Lorey alla chitarra e Micha Krebes alla batteria che spalleggiano lo zoccolo duro degli ultimi dieci anni della band; e già solo dell’ultimo decennio perché della formazione seminale rimane solo Giovanni “Gio” Soulas, e negli anni tanti sono stati i personaggi che sono entrati e usciti dal “romanzo Ivanhoe”.
Ognuno ha lasciato e contestualmente portato via qualcosa, e forse potrebbe essere proprio questo il motivo per cui, pur dimostrando ottima perizia tecnica e grande gusto compositivo, gli Ivanhoe hanno sempre fluttuato tra il proporzionato e il soddisfacente, barcamenandosi tra gli abituali commenti “Si bravi ma…”, “Vorrei, ma non posso”, “Sono i fratellini dei Vanden Plas”. Eppure se analizziamo la band nel complesso è difficile trovare qualcosa che stoni o sia fuori posto, tutto è esattamente come ce lo saremmo aspettato. È proprio questo, semmai, il limite più importante: è sempre tutto come deve essere, non c’è mai stupore o meraviglia, nessuna nuova scoperta o quel passaggio che ti fa dire “Wow!”.
Ed è quindi con questa contezza che ci accomodiamo alla mensa dei tedeschi. Per descrivere il disco non seguiremo l’ordine cronologico dell’album, ma racconteremo l’esperienza per blocchi di canzoni legate da un fil-rouge più o meno impattante.
Blocco primo
Si compone dei brani “Healed by the Sun”, Headnut“, “Invictus” e “War of Ages“. In questi pezzi viene fuori tutta la creatività della band, la capacità di emozionare con una appassionante intensità in cui i cambi tempo sono i driver di ogni pezzo. Il power-prog confezionato nei suddetti pezzi è sicuramente il terreno più congeniale a Soulas e soci, e lo si nota con la naturalezza con cui ogni componente della band si muove all’interno di ogni brano senza mai invadere il vicinato o scavalcare la ringhiera di confine.
Blocco secondo
È composto da “Small Path Home”, “Goodbye“, “Picture in My Head” e “Broken Illusion”, brani in cui melodia ed empatia creano un amalgama emozionale che scava nel segreto intimo che nessuno scalfisce. I ritornelli sono avvolgenti e voluttuosi mentre le tastiere di Seibel dominano le scene diffondendo un piacevole calore che ci trapassa come un camino scoppiettante. Gli Ivanhoe hanno decisamente un buon gusto e in queste composizioni si capisce quanto siano riconoscenti e devoti a Euterpe (“colei che rallegra”) la meravigliosa musa della Musica.
Blocco terzo
L’ultimo blocco si compone di quattro brani: “One Ticket to Paradise”, “Moments in Time”, “10C” e “Awaiting Judgement Day”. Questo è un insieme di pezzi un po’ particolare, potrebbe lasciare perplessi, d’altra parte ciò non significa che sia di scarso valore.
L’aggettivo che più chiarisce quello che stiamo cercando di dire è il termine “derivativo.” Quello che più arriva all’orecchio infatti sono le assonanze con altri gruppi, ad esempio l’epicità dei Maiden in “10C”, brano cadenzato e incalzante con apertura corale e chiusura tutta dominata dal basso di Gio. Oppure la complessità e i volteggi astrusi dei Dream Theater in ” Moments in Time” con ostinati di chitarra in apertura e in chiusura del brano. Le tastiere sono privilegiate e melodiose, e irrompono nel ritornello aperto e solare.
Non di meno nelle restanti due canzoni, gli echi sono quelli dei “fratelli maggiori” Vanden Plas soprattutto nel cantato di Koch quando si addentra nel ginepraio dei vocalizzi e delle impennate canore comunque dignitose e piacevolmente acufeniche.
Siamo alla fine della portata e mi sembra sia stato sufficientemente chiarito il fatto che gli Ivanhoe siano un ottimo gruppo, pulito, tecnico, empatico e decisamente preparato. Quella che manca è il mutamento, l‘originalità, la svolta che possa mandare consapevolmente e in modo del tutto controllato gli Ivanhoe fuori dal binario consueto. Si meritano comunque un voto più che discreto e se siete fan di lungo corso della band potete aggiungere tranquillamente mezzo voto a quello da noi proposto.