Recensione: Heaven Forbid
Nel 1998, dieci anni dopo Imaginos, i Blue Oyster Cult fanno uscire l’album Heaven Forbid, sotto etichetta CMC International (poi assorbita dalla Sanctuary). L’album si presenta subito con una cover inquietante, che negli U.S.A. lasciò perplessi i fans per lo stile forse troppo horror; proprio per questo nel mercato europeo e giapponese tale cover venne coperta con un’altra immagine, raffigurante una donna sospesa nel cielo che impugnava un bastone con all’estremità superiore il famoso simbolo di Kronos (da tempo simbolo del combo). Il gruppo si presenta con una line-up diversa da quella “storica”, visto che son presenti Chuck Burgi alla batteria e Jon Rogers al basso (salvo una breve apparizione di Bobby Rondinelli in “Live For Me”). Altro aspetto importante fu che alcune canzoni contenute nell’album, come “See You In Black”, “Harvest Moon” e “Power Underneath Despair”, erano ormai pronte da anni, vedendo però la luce dal punto di vista discografico solo nel 1998 (risalevano alla prima metà degli anni ’90). Il disco sin dal primo ascolto si presenta con sonorità compatte e potenti, e sembra essere idealmente diviso in due parti dal punto di vista compositivo. Le canzoni più aggressive, quali “See You In Black”, “Power Underneath Despair”, “Hammer Back” e “Cold Light Grey Of Dawn” derivano dalla mente di Eric Bloom mentre quelle più melodiche, come “Harvest Moon”, “X-Ray Of Eyes”, “Live for Me” e “Real World” sono di Buck Dharma. Manca invece del tutto il contributo di Allen Lanier (di solito gran compositore), che si rivelerà importante però ella fase di arrangiamento. Ultima curiosità, i testi sono in gran parte non dei BOC ma del famoso scrittore del genere cyberpunk John Shirley. Diversi i pezzi rappresentativi, fra i quali spiccano senza dubbio “See You In Black” e “Harvest Moon”. Se nella prima dove il riff iniziale ed il ritornello sono quasi ipnotici, e gli aspetti che predominano sono la velocità dell’esecuzione e la solida base ritmica la seconda La canzone è la tipica canzone da B.O.C., dove la creatività di Buck Dharma si sente (anche il testo qui è suo). Da notare il tratto centrale, caratterizzato dagli scambi di assoli tra Buck ed Allen. “Power Underneath Despair” è una canzone che parla della forza della disperazione che ci assale nei momenti difficili della vita, ma tutto sommato è un brano così così, seguito invece dalla melodica ed orecchiabile “X-Rays Eyes”, che si riferisce alla nostra potenziale capacità di guardare le cose oltre il “velo della verità”. Vi siete mai chiesti se nel momento di maggiore bisogno siete pronti ? Ebbene, il soggetto di “Hammerback” è proprio la paranoia verso questa paura, che non viene vista come difetto ma come un’abilità. Vicina come stile a “See You In Black” e “Power Underneath Depair”, è comunque song molto meno originale. Bisogna aspettare, per tornare a un pezzo veramente valido, l’arrivo di “Damaged”, canzone molto funky, con le tastiere bene in evidenza, dove il tema è imperniato sulla capacità della droga di distruggere le nostre relazioni con le altre persone. La canzone successiva “Cold Light Grey Dawn”, dotata di un giro di basso e di una batteria da far impallidire, parla della vecchiaia dell’uomo e delle limitazioni della nostra vita messe di fronte alla morte, ed è un altro ottimo pezzo. Cos’è reale, e cosa non lo è ? Tutto è soggettivo, ecco il messaggio che traspare. Questo vogliono dire i cultisti con “Real World”, un raro esempio per i B.O.C. di composizione elettroacustica, tra l’altro riuscito nemmeno troppo bene, solo sufficiente diciamo. Ultima canzone degna di nota è “Live For Me”, pezzo molto melodico e con una parte di chitarra che rende bene il tema trattato. Essa parla di due fratelli, uno dei quali viene ucciso da un automobilista ubriaco e prima di morire dice all’altro “Adesso vivi per me”. Come detto questo era l’ultimo brano degno di nota, “Heaven Forbid” si chiude poi con “Still Burnin’ ” e “In Thee”, la prima sufficiente e ideale prosecuzione di “Burning for You”, l’ultima assolutamente inutile, ripresa in versione acustica (e dal vivo) del brano di “Mirrors”. Raramente i B.O.C propongono dal vivo materiale di quel disco, e se lo fanno di certo non eseguono In thee. Probabilmente la “mania” per le versioni unplugged, così in voga in quegli anni, è il solo motivo che giustifica questa inclusione. Ricapitolando quest’album ci presenta i tre membri originali dei B.O.C. in buona forma dal punto di vista musicale, meno da quello di stesura dei testi; delegati quasi del tutto al già citato Shirley. La voce dello sciamano Eric Bloom sembra non risentire degli anni che passano, l’autodidatta Buck Dharma sforna sempre riff inattesi ed originali, mentre Allen passa dalle tastiere alla chitarra seza problemi. La registrazione è ottima e da particolare risalto ad ogni strumento quando serve, Peccato per alcuni cali qualitativi e quella l’inserzione di “In Thee”, che ci sta come i cavoli a merenda.
Tracklist:
1) See You In Black 3:17
2) Harvest Moon 4:55
3) Power Underneath Depair 3:29
4) X-Ray Eyes 3:49
5) Hammer Back 3:55
6) Damaged 4:22
7) Cold Light Grey Of Dawn 3:53
8) Real World 5:11
9) Live For Me 5:19
10) Still Burnin’ 3:37
11) In Thee 3:40