Recensione: Heavy Breathing
I gruppi cosiddetti clone, senza nessuna idea, senza una parvenza di originalità e, soprattutto, senza la minima intenzione di rendere le proprie canzoni più accattivanti per uscire quantomeno qualitativamente dalla scia della musa di turno, hanno infestato più o meno drasticamente ogni genere musicale. La saturazione è una brutta bestia con la quale il death metal e generi simili devono convivere controvoglia da ormai parecchi anni. Certo, non tutto il male viene per nuocere. Anche questi gruppi hanno contribuito e tutt’ora contribuiscono a creare quell’humus pulsante di realtà più o meno piccole di cui lo stesso genere vive, spronando musicisti a provare, facendo girare le sale prove, mettendo in moto eventi e creando un calderone sopra il quale galleggiano gruppi più o meno grandi dalla qualità media spesso piuttosto elevata. Ovviamente non stiamo parlando solo di chi riesce miracolosamente a far tremare le fondamenta di quanto finora espresso in musica, creando qualcosa di nuovo, ma anche chi, rimescolando le carte in tavola, riesce a produrre musica di alta qualità senza essere per forza un innovatore. Tra questi, devo per forza segnalare i Black Breath: una formazione piuttosto giovane, nata nel 2005 e sbocciata quest’anno sotto l’ala dell’eclettica Southern Lord Records grazie a questo Heavy Breathing, terza offerta del gruppo dopo un demo e l’EP Razor To Oblivion del 2008.
Mettiamo subito in chiaro di cosa si tratta: prendete gli Entombed, prima di tutto, e prendeteli a cavallo tra Clandestine e Wolverine Blues; poi prendete i Discharge, un po’ di crust à la Amebix e un poco di thrash, ed ecco a voi Heavy Breathing in tutta la sua gloria. Musica grassa, pesante, fatta per far dolere i muscoli del collo e che ha suscitato in me un immediato senso di ritorno a casa. Forse sarà stata la produzione affidata all’ormai veterano Kurt Ballou dei Converge, sempre più a suo agio dietro la consolle e autore di un perfetto suono sile Sunlight Studios per le chitarre dei bravi Funds e Wallace; oppure sarà stato l’inizio affidato a Black Sin (Spit on the cross), che sembra essere stata prelevata da Clandestine, grazie anche al cantato hardcore-oriented di Neil McAdams che mi ha ricordato più di una volta la rabbia espressa da Nicke Andersson, nonostante il differente approccio. Ma non si tratta di una cover band, mettiamolo in chiaro: la seguente Eat The Witch parte quasi come una vecchia traccia dei Dismember per poi scoppiare in un’ondata di d-beat, tanto vicini al crust quanto ai vecchi Celtic Frost, con una formula che viene poi ripresa in Fallen e in Virus, veloci, alcooliche e contaminate anche da un certo death’n’roll. La bandiera del death svedese viene tenuta alta invece con Escape From Death: forse la migliore del lotto, con un riff portante e una struttura che denotano una maturità compositiva non indifferente, capace di ricreare nella mente le vecchie atmosfere morbose degli albori del genere. I Am Beyond e Unholy Virgin mostrano invece il lato più groovy e pesante del gruppo, dove i rallentamenti si fanno più oppressivi e mefistofelici. In questi frangenti il cantato di McAdams mostra un po’ la corda, soprattutto a causa del suo stile decisamente adatto alle tracce più veloci, ma un po’ sacrificato quando la situazione richiede una tonalità più bassa e greve, o quantomeno un poco di espressività in più. Un po’ di monotonia perdonabile, ma che comunque rimane un difetto da migliorare quanto prima.
Nonostante questo, Heavy Breathing è un gran bel disco. È abbastanza old school da soddisfare i malati del vecchio death metal e al tempo stesso abbastanza vario e venato di hardcore punk per avvicinare chi mastica poco queste sonorità. Sono ben consapevole di come questa sia in realtà un’arma a doppio taglio, capace allo stesso tempo di rendere questo disco troppo hardcore per i vecchi patiti e troppo old school per i palati più moderni. Tuttavia un ascolto è d’obbligo, e ci sono davvero buone possibilità che Heavy Breathing prenda il posto nel vostro stereo a farvi compagnia nelle calde e afose serate estive. Provatelo!
Michele “Panzerfaust” Carli
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Tracklist:
1. Black Sin (Spit On The Cross)
2. Eat The Witch
3. Escape From Death
4. I Am Beyond
5. Virus
6. Heavy Breathing
7. Children Of The Horn
8. Fallen
9. Unholy Virgin
10. Wewhocannotbenamed