Recensione: Heavy Rain

Di Gianluca Fontanesi - 26 Gennaio 2017 - 0:01
Heavy Rain
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2016
Nazione:
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61

Secondo traguardo discografico per il progetto solista Seeming Emptiness del tedesco Kevin M. e seconda fatica in grado di farci drizzare i padiglioni auricolari in maniera assolutamente positiva. La proposta si sintetizza in un prog rock melanconico e indagante il grigio, perfetto per ogni giornata di pioggia che si rispetti. Heavy Rain, il cui titolo ricorda ovviamente il grandioso videogioco ad opera di Quantic Dream, è un album composto da otto pezzi e dalla durata di un’ora, totalmente strumentale. Musicalmente ci affacciamo ai Katatonia, ai Daylight Dies, ai Long Distance Calling e via dicendo; i brani sono piuttosto leggeri, intimi e sognanti, e non mancheranno di emozionare anche gli appassionati più intransigenti di queste sonorità. Gli strumenti suonati sono quelli di una formazione normale e senza particolari stravolgimenti: basso, batteria, due chitarre sempre presenti, qualche tastiera e via andare. Le composizioni sono piuttosto lineari e hanno anche sprazzi di metal qua e là con qualche raddoppio di cassa e qualche stoppato assassino posto a dare un tentativo di varietà al tutto. Come ogni album del genere, Heavy Rain soffre del solito difetto comune: la mancanza di un cantante in alcuni frangenti si sente e anche tanto! L’album è ben suonato e a tratti riesce anche ad emozionare, ma nei numerosi punti morti della tracklist l’ascoltatore spesso arriva a chiedersi cosa sarebbe stato se.. Oltre a questo, non vi sono particolari difetti da segnalare come non vi sono momenti davvero memorabili nell’album degni di essere menzionati in particolar modo. Brani come l’opener Dispatched Fortune, la titletrack, Heirless e via dicendo sono sì piacevoli ma in certi frangenti risultano anche intercambiabili e senza una vera e propria idea di fondo a sostenerli in maniera più massiccia e concreta. I diversi momenti solisti sono praticamente tutti affidati alla chitarra e sono ben fatti; le due asce sono strutturate in maniera che più classica non si può, da una parte gli accordi e la ritmica, dall’altra melodie e assoli. Heavy Rain è quindi un album adatto ad un target molto ristretto di ascoltatori e a un ancora più ristretto tipo di stato d’animo; ascoltarlo per esempio durante una giornata di sole ve lo farebbe odiare, mentre d’inverno e col brutto tempo, invece, il tutto acquista un’altra dimensione. Seeming Emptiness è una buona realtà quindi, ma non ottima; è molto umorale e necessita ancora di qualche accorgimento in più per poter spiccare definitivamente il volo, oltre ad una buona dose di personalità in grado di salvare le composizioni da un anonimato sempre più vasto e smisurato. Un ascolto comunque non lo si nega a nessuno; se passate di qua provate comunque il disco, ci sono parecchie cose interessanti al suo interno.

 

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