Recensione: Hehku

Di Damiano Fiamin - 27 Gennaio 2012 - 0:00
Hehku
Band: Wasara
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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73

Vediamo se avete studiato bene la lezione. La domanda è semplice: vengono dalla Finlandia e fanno folk metal. Sono i Finntroll? No, ragazzi miei, non ci siamo! I Korpiklaani, allora? Ebbene, no, non sono loro. La risposta è Wasara. Il quintetto finlandese non è particolarmente conosciuto al di fuori della terra dei laghi, ma quello che ci accingiamo ad analizzare è il loro terzo album, ultimo capitolo di una discografia che annovera anche svariati demo, singoli ed EP. Sin dal primo approccio, è evidente che non stiamo per ascoltare un disco allegro e scanzonato. La copertina è una foto ad alto contrasto, sia per quanto riguarda i colori, sia per i contenuti: un albero spoglio si staglia su un orizzonte incandescente e malato al tempo stesso, in una stridente contrapposizione che, anticipiamo, sarà ricorrente durante tutto l’ascolto.

Il disco apre in maniera piuttosto classica, con una fisarmonica che profonde armonie per qualche secondo, prima di essere annullata da una brutale esplosione di growl e riff incattiviti. Il motivetto iniziale viene ripreso dagli strumenti elettrici, che lo ripropongono per tutta la durata di Saatanaiset, in un’altalena ritmica che sale e scende in continuazione prima di sfumare verso il massiccio incipit di Ikuiset. A dispetto della brutalità dei primi istanti, il brano si mantiene su toni pacati, che ricordano più i primi lavori di Vintersorg che i Finntroll.  Un brano rilassato e piacevole, in cui il difetto maggiore è l’eccessiva dilatazione nella parte mediana, che potrebbe tranquillamente essere accorciata di un minuto. Anche Minulla on monta nimeä apre con vocalizzi gutturali e strumenti distorti e, proprio come in precedenza, l’attacco aggressivo non è altro che un ponte verso una costruzione più delicata e sognante, in cui un coro si sovrappone al cantato growl, creando un interessante effetto straniante che permette all’ascoltatore di lasciarsi avvolgere dalla musica, lasciandosi trasportare verso gli eterei arpeggi di Saunalaulu. Il pezzo si sviluppa completamente in chiave acustica, con le chitarre e gli strumenti a corda che tessono armonie eteree, che si ripetono per quattro minuti senza divenire mai fastidiose.
Il brano successivo, Kuollut on kuollut, ripercorre la strada tracciata dai suoi predecessori, alternando momenti più incattiviti ad altri più delicati. La formula comincia a divenire un po’ troppo abusata, anche perché si accompagna a un generale appiattimento della struttura compositiva generale. Come a voler fugare i nostri dubbi, piomba sulle nostre casse l’ossessivo mantra di Totuudennäkijä: misterioso e affascinante, ci ipnotizza con suoni suadenti e reiterati prima di scaricarci senza remore in una traccia oscura e grave, Unohdetun mielenvirtaa. L’intelaiatura della canzone è, grossomodo, simile a quella del brano precedente; tuttavia, manca un certo estro creativo e l’effetto complessivo risulta alquanto noioso. La band decide di cambiare di registro con Kainista kasvaneet, molto più scanzonata di quanto udito fino a questo momento, un’allegra e saltellante schitarrata folk che stempera i toni e ci instrada verso la parte terminale del disco. Kymmenen unohdimme non differisce particolarmente dalle tracce precedenti: un’alternanza di episodi carichi di intensità e momenti diafani, inframmezzati da suoni fisarmoniche e vocalizzi melodiosi. Non male, ma un po’ stantia. La martellante cavalcata conclusiva ci porta verso l’epilogo; il brano finale, in quest’album, è proprio la title-track, un altero strumentale che si trascina maestoso nella sua marcia, imperscrutabile e indifferente, suggella senza possibilità di replica il disco che porta il suo nome.

Così, si chiude Hehku. Riprendiamo fiato, e schiariamoci le idee. L’album dei Wasara ha delle potenzialità piuttosto elevate. Sebbene si inserisca in un filone già piuttosto saturo, riesce comunque a distinguersi dalla massa, anche grazie ad alcune intuizioni fortunate e intriganti. Peccato, però, che la struttura dei brani sia troppo spesso riciclata e rimaneggiata; una maggiore varietà avrebbe sicuramente contribuito a rendere il prodotto ancora più godibile. Dal punto di vista tecnico, non ci sono particolari rilievi da fare: il livello generale della produzione è soddisfacente, sebbene la batteria tenda, in alcuni momenti, a ottundersi troppo, venendo quasi coperta dagli altri strumenti.  Niente di eclatante, ma era comunque doveroso sottolinearlo. In definitiva, se siete amanti del folk metal, valutate serenamente l’acquisto di questo CD. soprattutto se rimpiangete i tempi in cui Andreas Hedlund non si era ancora lanciato nell’avventura Borknagar e si dilettava ancora nell’esperimento musicale che porta il suo nome d’arte, i Vintersorg. Se, invece, vivete di carne di troll e lupo, ponderate con attenzione le vostre mosse, potreste non ricevere la scossa che desiderate.

Damiano “kewlar” Fiamin

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Tracce:
1.     Saatanaiset     03:02     
2.     Ikuiset     05:11     
3.     Minulla on monta nimeä     04:45     
4.     Saunalaulu     04:05     
5.     Kuollut on kuollut     04:25     
6.     Totuudennäkijä     04:54     
7.     Unohdetun mielenvirtaa     05:33     
8.     Kainista kasvaneet     02:22     
9.     Kymmenen unohdimme     07:13     
10.     Hehku     05:20

Formazione:
Members:
Antti Åström – Voce  / Chitarra
Saku Lempinen – Chitarra
Tuomo Tolonen – Chitarra
Ipi Kiiskinen – Basso / Voce
Harri Lempinen – Batteria     

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