Recensione: Hell In A Box
I President Evil, nome che sembra prendere spunto dal titolo del famoso videogame e che si traduce in un messaggio non proprio apolitico, tornano sul “campo di battaglia” per proporre il secondo disco in sei anni di attività: Hell In A Box.
Il quintetto di Brema (Germania), che suona una sorta di rock & roll misto thrash metal ribattezzato in “Thrash & Roll”, viaggia discretamente bene in madrepatria, luogo nel quale ha una maggiore considerazione come gruppo da palcoscenico che gruppo da studio.
Tra le tante influenze, la band cita nomi di valore storico (Slayer, Pantera, Motorhead) e li affianca ad altri molto più attinenti al genere affrontato (Kyuss, Motorpsycho, Social Distortion, Ministry), ufficializzando di fatto un’estrazione musicale piuttosto “variopinta”.
Hell In A Box appare fin da subito diretto, veemente, sfrontato, un lavoro che gli estimatori dei gruppi menzionati (a patto che siano “aperti” alle contaminazioni del caso, leggasi punk e stoner) non mancheranno di apprezzare soprattutto per la determinazione e la cattiveria con le quali i cinque tedeschi si manifestano.
Thrash & Roll dicevamo, quello di Viva La Muerta, l’opener che è il quadro del bisogno di evasione (lirica e musicale), brano che fa il paio con il successivo Jesus Factor Negative, dove ogni riferimento biblico è puramente casuale.
Il fulcro del sound è da ricercare nelle continue rotazioni elettriche, e nel suono “ruvido” stile anni ottanta che regna sovrano per tutta la durata dell’album.
Non a caso, le migliori tracce sono quelle che incorporano un “giro malsano” di chitarra elettrica di James Lars (intervista) e sto pensando alla title track, Hell In A Box, o alla potenza di The Anti Loser, per le quali segnaliamo anche una discreta perizia compositiva.
Si bada alla velocità, alla ritmica, poco alla tecnica e ancora meno alla varietà nelle strutture che caratterizzano i singoli pezzi: il risultato (a tratti tedioso) è sempre lo stesso e finisce per “sfiancare” anche l’orecchio ben predisposto. Perfetta invece la resa sonora, curata da Guido Lucas e da Andy Classen, che rende omaggio agli old days senza andare ad intaccare la rinomata efficacia delle produzioni odierne.
Hell In A box non è un disco malvagio, poco pretenzioso e che, come accennato, ha un grosso punto debole nella formula: la ripetitività delle sue strutture. Il mio consiglio è, se accetterete di acquistarlo, di assaporarlo gradatamente, un po’ per volta, evitando un “coast to coast” che potrebbe rivelarsi noioso e stressante.
Si parla, riassumendo, di undici tracce non proprio memorabili che, in ogni caso, sortiscono il loro “volgare” effetto. Meritano un’occasione, almeno una.
Gaetano Loffredo
Tracklist:
01.Viva La Muerta
02.Jesus Factor Negative
03.Hell In A Box
04.White Fire
05.King Asshole
06.The Anti Loser
07.Bring Out Your Dead
08.The Return Of The Speed Cowboys
09.Godforsaken
10.One Brain Army
11.New Junk City