Recensione: Hell Yeah!

Di Fabio Vellata - 25 Maggio 2011 - 0:00
Hell Yeah!
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Anno: 2011
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73

Uno dei leitmotiv più ricorrenti degli ultimi anni in ambiti hard rock, è stato, come noto un po’ a tutti, quello delle numerose reunion.
Da ogni parte del globo, un grosso numero di band più o meno celebri in quell’epoca dorata chiamata “anni ottanta”, ha sperimentato un repentino risveglio, quasi come un ritorno improvviso da uno stato d’ibernazione durato per lungo tempo.

Ad una lista corposa nei numeri e talvolta interessante per livelli qualitativi, vanno ad aggiungersi da qualche giorno anche gli statunitensi Black n’Blue, band originaria di Portland, annoverata da sempre tra le più significative espressioni di hard rock glam “classico”, a dispetto di una fama che non ha mai toccato i vertici garantiti ad altri equivalenti interpreti del medesimo genere.
Il singer e leader Jaime st.James, aveva in realtà tentato il ritorno sul palcoscenico più volte, prestando la propria voce in alcune partecipazioni estemporanee, sino ad assumere il più congeniale ruolo di frontman nel controverso “Born Again” dei compari Warrant, album edito nel 2006 e destinato a rivelarsi un autentico flop sotto ogni punto di vista, commerciale ed artistico.
Tempi finalmente maturi e pubblico di nuovo ricettivo: una constatazione, che visti i tanti colleghi tornati in pista, deve essere balenata in zucca anche a Jaime e sodali, riuniti e compatti (ad eccezione del chitarrista Tommy Thayer, attualmente nei Kiss), come nei momenti di maggior successo.

Fatti i conti con il peso di un moniker storico come quello rappresentato e siglato l’accordo con la sempre più tentacolare Frontiers records, ecco quindi pronto ai nastri di partenza l’ennesimo come back di un nome di peso, ammantato di aspettative, rinnovate speranze e di un pizzico d’inevitabile malinconia, dovuta ad una stagione musicale che, gioco forza, non tornerà comunque mai più.
Il disco, dal titolo esplicito e diretto è, in fondo, una sorta di languido, seppur divertito, sguardo costantemente rivolto al passato. Quasi come composto da tracce ed idee risalenti ad epoche andate, “Hell Yeah” si anima, infatti, di immagini, sapori e suggestioni che non hanno alcunché di nuovo o differente, perdendosi in un omaggio a sonorità old style e ad un’era fatta di spensieratezza e divertimento.
Poca novità, pochi giri di parole, un sacco di schiettezza e di genuina voglia di tornare pur solo per qualche istante, alle atmosfere tralasciate sul finire degli eighties. Hard rock rapido e scattante insomma, di quello che scivola veloce come il proverbiale sorso di birra ghiacciata, ed offre la rassicurante sensazione di una cosa familiare ed amichevole.

I risultati, va detto, non sono sempre di primissima scelta. L’opener “Monkey” per dirne una, non pare proprio uno degli episodi meglio concepiti nella storia del gruppo: ritornello un po’ troppo ripetitivo e songwriting scontato, ne fanno un brano facile ad essere scordato dopo pochi istanti.
Per somma fortuna, la tendenza del disco si rivela non essere quella di un vetusto appiattimento su schemi monotoni e tediosi. Già con la frizzante “Target”, l’allegria torna a riecheggiare come ai bei tempi, in forza di un riff portante che scintilla energia e voglia di rock n’roll, supportata nel giro di breve dall’incisivo ritornello di “Hail Hail”, un godibilissimo mid tempo ottantiano sino all’esasperazione.
Il piccolo gioiello di “Hell Yeah!”, arriva già con la quarta traccia “Fools Bleed”. Climax emotivo del disco, la canzone presenta un incedere cadenzato e coinvolgente, efficace non tanto nel coro – comunque riuscito – quanto nell’incalzare delle strofe precedenti, molto ben interpretate da mr. St. James.
Spazio ai mentori di vecchia data Kiss con l’urgente “C’mon”, pezzo che per la verità diverte senza lasciare grosse tracce, per poi lanciarsi in una ulteriore dichiarazione d’amore, questa volta per gli Ac/Dc, nella saltellante e selvaggia “Angry Drunk Son Of A Bitch”, passaggio che, probabilmente, sortirà gaudiosi effetti in sede live.

Lo sleaze rock più strafottente si manifesta quindi nell’ottima “How Long”, episodio che, ancora una volta, odora di anni ottanta, per poi, dopo l’inserto strumentale “Trippin 45”, mostrare l’estrazione più “root” dei Black n’ Blue, protagonisti con “Falling Down” di un brano che per una volta scala ancora più indietro negli anni, andando a ripescare temi vicini a Free, Led Zep ed ai soliti Kiss d’annata.
Le infuocate “Candy” e “Hell Yeah!”, prima dell’allegra e bucolica “World Goes Round” posta in chiusura, suggellano un disco che reca stampati a fuoco i dettami del rock ruvido e chitarristico, fondato su ritmiche potenti ed una grande profusione di hard riff, sempre mediato tuttavia, dagli immancabili ed iper melodici ritornelli da stadio, posti in bella evidenza nel bel mezzo d’ogni canzone.

Non ai livelli dell’eccellente “Without Love” del 1985, apice in carriera, ma comunque sempre efficaci ed in grado di suscitare interesse, gli storici Black n’Blue ritornano con un disco che, pur con qualche ombra, si dimostra ascolto assolutamente dignitoso e piacevole.

“…ci riproviamo Mr St. James?” “…Hell Yeah!

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Tracklist:

01.    Monkey
02.    Target
03.    Hail, Hail
04.    Fools Bleed
05.    C’mon
06.    Jaime’s Got The Beer
07.    Angry Drunk Son Of A Bitch
08.    So Long
09.    Trippin’ 45
10.    Falling Down
11.    Candy
12.    Hell Yeah!
13.    World Goes Round
14.    A Tribute To Hawking (Outro)

Line up:

Jaime St. James – Voce
Shawn Sonnenschein – Chitarra
Jeff Warner – Chitarra
Patrick Young – Basso
Pete Holmes – Batteria
 

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