Recensione: Hellbassbeaters

Di Gaetano Loffredo - 22 Gennaio 2008 - 0:00
Hellbassbeaters
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Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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40

La “rivincita” dei bassisti è una clamorosa autorete, ma andiamo con ordine.

Markus Grosskopf, il famoso bassista degli Helloween, in rappresentanza del “circolo del basso” ha messo in pratica quello che sembrava essere uno spunto più che brillante, originale: pubblicare un album che potesse valorizzare il suo strumento a danno delle sempre osannate chitarre elettriche. L’idea ha assunto una forma ben precisa, e Markus ha pensato bene di chiamare in causa una marea di altrettanto celebri colleghi dando vita a questo Hellbassbeaters.
Avete capito bene, abbiamo tra le mani un disco (quattordici brani compresa una bonus track per il pubblico europeo) dove non c’è traccia di chitarre, e nel quale ritmiche e assoli sono a totale appannaggio del basso.

Raccontato in questo modo, converrete con me, il progetto non può far altro che stuzzicare l’appetito dei curiosi.

Voglio aumentare le aspettative riportando il nome di qualche ospite: Billy Sheehan (Steve Vai), Rudy Sarzo (DIO), Marco Mendoza (Thin Lizzy), DD Verni (Overkill), Dirk Schlächter (Gamma Ray), Joey Vera (Armored Saint, Fates Warning), Nibbs (Saxon), Tobias Exxel (Edguy), Peter Baltes (Accept), Jan S. Eckert (Masterplan). E questi sono solo alcuni dei partecipanti al basso, aggiungete i cantanti Schmier (Destruction), Tom Angelripper (Sodom), Peavy Wagner (Rage) e il gioco è fatto: si potrà mai resistere a un disco dalle simili premesse?

No, o almeno non fino a quando lo inserirete nell’apposito lettore, perché poi… sono dolori. Il primo impatto è tragico: la produzione è semplicemente inaccettabile. Non pervenuto il suono della batteria (e pensate che ci hanno lavorato Hilgers dei Rage e Arnold dei Grave Digger), voci penalizzate da un missaggio inconcepibile e basso, il protagonista dell’operazione, appena presentabile. E senza le chitarre elettriche c’è poco da esultare, fidatevi.

D’accordo, la produzione non è tutto, il songwriting? Anche peggio, quattordici pezzi sconclusionati nei quali prevale l’heavy metal plausibile di We Live, di Armageddon e l’incursione nel thrash più grezzo, quella di Godless Gods. Nulla di trascendentale.
Il resto è materiale scadente, compresa una versione “stuprata” del classico helloweeniano Eagle Fly Free, ma suppongo sia uno scherzo anche questo. Parlare dei singoli musicisti è pressoché inutile.
 
Il gioco è bello quando dura poco, si tratta di un progetto divertente, scherzoso, ma quando si entra in negozio i quindici euro te li chiedono sul serio. Se sviluppata correttamente, l’idea avrebbe avuto senso di esistere, presentata così com’è non può far altro che avvalorare una tesi diffusa: senza chitarra elettrica, non si cantano messe. Vero Markus?


Gaetano Loffredo
 

Tracklist:
01.Awakening The Bass Machine
02.We Live
03.Armageddon
04.Romance In Black
05.Godless Gods
06.Empty Memories (Breaking Free)
07.Boiling Blood
08.Far Too Late
09.The Asshole Song
10.Dead From The Eyes Down
11.Razorblade Romance
12.Voices
13.Eagle Fly Free
14.To Hell And Back (Bonus Europe)

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