Recensione: Hellbutcher
Lo scioglimento dei Nifelheim ha spinto Hellbutcher ad avviare questo nuovo progetto – con alcuni dei membri della suddetta band e dei Bloodbath – che nel 2022 ha prodotto immediatamente i suoi frutti con un ottimo demo e tanti buoni propositi per il futuro. Futuro piuttosto prossimo, poiché proprio dopo due anni, esce il primo disco di questa nuova formazione.
L’artwork è davvero accattivante: sembra una versione cupa, nazgullizzata di Hector, la mascotte degli Hammerfall, che indossa una maschera sulla quale è dipinta di bianco una croce rovesciata. Degno di menzione anche il logo, in alto a destra, che ricorda molto quello dei Nifelheim.
Otto sono le tracce che compongono Hellblutcher per poco più di mezz’ora di ottima musica dal sapore anni ’80. Già, perché al netto del cantato di Per Gustafsson, l’effetto è quello della clessidra: sembra che sia stata rovesciata e il tempo tornato indietro all’epoca d’oro del metal, accantonando, quindi, il passato nei Nifelheim, con quel suono tipicamente svedese che li aveva proiettati nell’universo estremo della musica metal. Il tutto è supportato da musicisti tecnici che sanno fare musica e proporre dei riff davvero incisivi, cattivi e orecchiabili, che riescono a far scivolare via questo disco con grande facilità.
Si parte forte, con il singolo che ha lanciato l’album, The Sword of Wrath e la sua intro orientaleggiante: forte e determinata, è il perfetto antipasto di quello che a breve, consumeremo, ovvero una diabolica fusione tra black metal svedese e forti influenze heavy con un groove molto orecchiabile, che danno una notevole freschezza e dinamicità al disco. Questo tratto è tangibile nelle prime sei delle otto canzoni che compongono il disco e in modo più evidente nel secondo singolo, Hordes of the Horned God, altro esempio di forza armonica. Death’s Rider e Possessed By The Devil’s Flames sono un meraviglioso omaggio agli anni ’80, con delle piacevoli schitarrate che ricordano i gruppi dell’epoca. Chiudono Satan’s Power – che apre con un sulfureo quanto ancestrale urlo – e Inferno’s Rage, che potrebbero strizzare l’occhio – e anche l’orecchio – al passato del frontman: i suoi fans, sicuramente, apprezzeranno.
Gli Hellbutcher si presentano con un ottimo album e un apparato di produzione molto convincente, pulito e lineare; una proposta musicale appropriata, che è la naturale evoluzione storica dei Nifelheim e in un certo senso li va a sdoganare dall’universo prettamente e propriamente underground del black metal melodico – sarebbe un errore sesquipedale attribuire questa etichetta alla nuova band – anche perché la sezione armonica è fortemente condizionata dalla scena heavy ed in particolare dagli Iron Maiden: i due singoli, The Sword of Wrath e Hordes of the Horned God, sono più che evidente dimostrazione di ciò.
Un disco, che ha una forte anima. Nera.