Recensione: Hellettrik
Bello, bello, bello: la recensione del debut album autointitolato dei siciliani Hellettrik potrebbe tutto sommato finire qui, ma significherebbe far loro un grande torto, poiché la musica contenuta in questo bel dischetto è certamente meritevole di un’analisi più approfondita.
Nati nel 2010 dall’unione delle forze tra il cantante e chitarrista Giuseppe Clay Mignemi (ex White Shadows) e il duo composto da Fabrizio Galletta e Dario Pierini, rispettivamente basso e batteria, gli Helletrik si impongono oggi come una delle realtà più interessanti della Penisola. Il loro background si percepisce in maniera sensibile ad ogni passaggio, mai nascosto e anzi ostentato con fierezza e rielaborato con dedizione. Un background che si rifà agli anni ’70 e all’hard rock primigenio di quegli anni, con Muse del calibro di Led Zeppelin, Free e Black Sabbath ma senza dimenticare di lanciare un occhio al presente e mostrando apprezzamenti per correnti più recenti come lo stoner e l’indie rock.
L’opener “Downtown”, con le vocals filtrate e i ritmi pachidermici, mostra una certa affinità con i Wolfmother più stoned ed il paragone non si ferma al lato strumentale, vista la forte somiglianza della timbrica acuta e cristallina di Mignemi con quella di Andrew Stockdale. La successiva “Your Mind” attacca con ritmiche di matrice funky ma il prosieguo è di nuovo nel segno dei Wolfmother e degli immancabili Led Zeppelin, con più di un rimando ai Free nella struttura minimale e nel riffing avvolgente.
L’hard blues più malinconico prende il sopravvento in “Flight Of Colt”, tesa, dimessa, con un che dei Bad Company e la particolare voce di Mignemi a donare un sapore molto personale ad un pezzo che trova il proprio apice in un refrain semplicemente fantastico. Non da meno si dimostrano le delicate rifiniture strumentali ad opera di chitarra, basso e di una batteria appena accennata, grande dimostrazione del gusto e del talento dei tre catanesi. “Ready” piacerebbe di certo a Glenn Hughes: uno slow blues notturno e di grande atmosfera, ravvivato in maniera impareggiabile da una voce che dà di nuovo il meglio di sé quando si trova a contrapporre la propria esuberanza ad un tessuto sonoro languido e dimesso.
Proseguendo nell’ascolto è un grande piacere constatare come la qualità delle composizioni non vada in calando nemmeno una volta venuto meno l’effetto sorpresa: l’incipit di “Something New”, rimanda in maniera esplicita a certa psichedelia che vede nei The Doors i propri maggiori esponenti, complici le atmosfere dilatate ed il percussionismo tribale, ma nel suo sviluppo la traccia si va a configurare una delle più moderne per sonorità e nell’impostazione, forse più vicina a certo indie dei giorni nostri che al vecchio hard rock. Gli Hellettrik dimostrano, tuttavia, di sapersi destreggiare con cognizione di causa anche in questi territori e ascoltando proprio “Something New” e l’atipica, ma molto riuscita, “Leave The Town”, il paragone con i Wolfmother esce addirittura rafforzato.
Navigando a vele ben spiegate verso riva incrociamo l’ennesimo pezzo da novanta, “End Of Choice”, di nuovo a mezza via tra Led Zeppelin, Free e tentazioni heavy metal d’annata, mentre la chiusura è affidata ad “Under The Line”, un altro slow blues di grande impatto emotivo che avrebbe sicuramente incontrato l’approvazione del grande Gary Moore. Resta poco da aggiungere: la musica degli Hellettrik e il grande gusto nella scelta di suoni, arrangiamenti, melodie e anche di un artwork di certo minimale ma molto curato ed efficace, esprimono tutto il loro potenziale meglio di mille parole. La speranza, ora, è di vedere premiati il talento e la qualità di questi tre musicisti siciliani, davvero meritevoli delle attenzioni di una casa discografica adatta alle loro esigenze e in grado di diffondere il loro verbo.
Stefano Burini
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Line Up
Giuseppe Clay Mignemi: voce e chitarra
Fabrizio Galletta: basso
Dario Pierini: batteria
Tracklist
01. Downtown
02. Your Mind
03. Flight Of Colt
04. Ready
05. Something New
06. Leave The town
07. End Of Choice
08. Under The Line