Recensione: Hellfire
Hellfire, le fiamme dell’inferno.
Non si tratta soltanto della banale traduzione del titolo, ma della cruda realtà che esplode poderosa e violenta dall’ultimo affronto dei norvegesi 1349.
Hellfire, capace di bruciare le casse dello stereo correndo su frequenze dilanianti e forsennate che affondano prive di compassione, compagne sadiche di un riffing thrash accelerato all’ennesima potenza. Cose già dette e sentite riguardo i 1349, anche se stavolta è immediata una sensazione di maggiore raziocinio, un chaos messo al guinzaglio sia in “Nathicana“, dall’inizio fumante che esplode sferzante prima di diventare perfino evocativa, sia in “Sculptor of Flesh“, dove prevale un riff thrash la cui cattiveria caratterizza la track dall’inizio alla fine.
E’ la potenza purificatrice di una pioggia di fuoco, il tema che segna il lato musicale del capitolo 2005 di questa saga norse, aperto dall’inno d’assalto “hellfire!” di “I Am Abomination”, come a dar il via libera ad una macchina di morte disturbata dal riffing articolato ed indemoniato che interrompe le ritmiche. Ascoltare i 1349 di oggi è, più che mai, piantare sprezzanti i piedi a terra, sfidando la massa turbinante rosso fuoco dinnanzi a noi, accorgendosi mentre essa avanza che si tratterà di una sfida impari, barcollando frastornati come dopo il passaggio di una sassaiola fiammeggiante. Un sadico piacere che toglie il fiato.
Idealmente, si potrebbe porre Hellfire a metà tra i due lavori editi fin’ora, pescando la velocità preponderante del primo ed il riffing intricato e spezzettato del secondo, senza il rischio di mutazioni nelle sembianze note di una band che sputa odio puro, cavalcando un suono metallico affilatissimo, sprigionando una furia incontaminata che ha un che di liberatorio. Un assalto annichilente alle linee nemiche, un’energia fuori dal comune che raggiunge picchi d’esasperazione in “Celestial Deconstruction“, “Slaves to Slaughter” e “From the Deeps“, ben scandita da ritmiche più cadenzate fuse ai tipici affondi acuminati. Impossibile non citare anche “To Rottendom“, dall’apertura caustica e ferale, che mostra sul finale dall’irreale violenza, quanto i 1349 siano una masnada capace di un’inusitata furia, possibile soltanto per una band di animali assatanati, tecnici e con un rotore alle pelli.
Meritano uno spazio a parte i tredici minuti finali di “Hellfire“, capitolo dall’atmosfera dannata con tastiere quasi depressive stese sul crepitio delle fiamme, un pezzo a suo modo atmosferico dalle ritmiche più umane e tema ripetitivo, esperimento interessante che mostra la buona duttilità di suoni fin qui devoti alla distruzione.
Chi conosce, apprezza, adora, idolatra questa band, avrà ancora una volta quello che si merita, dovendosi medicare i dolorosi tagli infertigli da un’aggressività lacerante. Per gli altri, gli spunti per un ripensamento sono solo da cogliere, rivalutando una band che non si nasconde dietro a Frost l’elicottero, ma che anzi, gli da’ modo con prontezza tecnica, fantasia compositiva e fiera durezza, di suonare veramente black metal come non si può giurare avvenga nei discutibili Satyricon d’oggi.
Metto i norvegesi 1349 e cosa mi aspetto? Brutale e cieca violenza. Hellfire ne è dotato? A valanga!!!
Tracklist:
01. I Am Abomination
02. Nathicana
03. Sculptor of Flesh
04. Celestial Deconstruction
05. To Rottendom
06. From the Deeps
07. Slaves to Slaughter
08. Hellfire