Recensione: Hellforces

Di Fabio De Carlo - 16 Aprile 2016 - 8:00
Hellforces
Band: Majesty
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2006
Nazione:
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75

Raramente ci si imbatte in un album di tale impatto e bellezza. Undici canzoni che vanno ascoltate tutte d’un fiato, senza respiro e che non lasciano scampo per il loro coinvolgimento emotivo. Undici brani in cui la passione e il divertimento di fare musica è visibile dalla prima all’ultima nota, riff by riff, refrain dopo refrain. E così, quasi senza accorgersene, ci si ritrova a riascoltare questo album, quasi ipnotizzati, fino a quando ogni singolo passaggio non sarà assimilato a tal punto da poter dire: “questo album è un capolavoro!”.
 

Come? Ancora lì a leggere? Cosa state aspettando a “rispolverare” o scoprire “Hellforces” dei Majesty?
Ancora non vi basta?
Ok allora mettetevi comodi e continuate a leggere queste righe.
“Hellforces” è il quarto album per i Majesty, datato 2006, degno successore del precedente “Reign In Glory”, nel nome del vero HEAVY METAL!!
Il clichè è sempre lo stesso che ha accompagnato la band teutonica nel corso della loro carriera, iniziata nel lontano 1997, tuttavia è stato proprio “Hellforces” l’album con cui i Majesty hanno raggiungono la definitiva consacrazione nel panorama H/M. Un album che dieci anni fa segnava la definitiva maturità artistica e compositiva della band.
 

Non potrete credere alle vostre orecchie, quando dopo, “The Blessing”, l’intro battagliera nel nome dell’Heavy Metal, subentra la maestosa Title Track, canzone di facile ascolto, caratterizzata da una struttura easy e con un chorus bello ruffiano che non passa certamente inosservato, il tutto condito da uno strepitoso assolo.
 

Riff, ricerca delle melodie, Refrain lunghi e ripetuti, che spesso terminano in Fade Out, cambi di tempo e fraseggi fra le due chitarre, batteria ruleggiante, rappresentano il minimo comune denominatore della band.
E così la marcia prosegue con la successiva “Dance With The Demon”, brano meno diretto del precedente, ed i tempi scendono concretamente rispetto la title track, pur mantenendo le caratteristiche epiche già ascoltate in precedenza e che poi ritroveremo anche negli episodi successivi. Si tratta di un brano che fa da collante alla prima vera magia dell’album, “Sons Of A New Millennium”, una song d’altri tempi, una vera dichiarazione di guerra, nella quale ritroviamo tutti gli elementi già citati in precedenza, nonché un rafrain adrenalinico, che non aspetta altro che essere cantato a squarciagola sotto il palco!
“Heavy Metal Desire”, è il nome del brano che segue, cos’altro aggiungere?
Primo episodio in cui la batteria diventa “cattiva”, il solito refrain devastante accompagnato da cori epici farà il resto, accompagnandoci sino al brano seguente “March For Victory”, nel quale il ritmo cala ancora una volta, a fronte di una bella song molto “catchy” ma allo stesso tempo decisa ed elegante. Provare per credere.
Adesso però fermi tutti.
Siamo giunti al punto più alto di tutto il lotto, un trittico micidiale, che inizia con la sublime “Like A Raptor”, si tratta di una mid temp, caratterizzata da un guitarwork plasmato ad Hoc con un refrain che inizialmente sembra non debba dir nulla, ma che in realtà sale ascolto dopo ascolto, grazie soprattutto al pre-refrain che introduce lo stesso in modo indiscreto.
Stupendo l’assolo inserito perfettamente fra una serie di ritornelli interminabili.
Ma il bello deve ancora arrivare, un soave arpeggio chitarristico introduce il refrain che apre la definitiva consacrazione di questo album a album capolavoro, “Guardians Of The Dragon Grail“, ovvero l’HEAVY METAL, quello senza tanti fronzoli, quello che qualcuno vorrebbe chiudere nel cassetto dei ricordi, ma anche quello che non morirà mai e che a noi “Defender” piace tanto. La batteria torna sugli scudi, l’epicità tocca livelli di guardia, il refrain è di quelli che restano nella testa e non se ne può più fare a meno, le sei corde sembrano infiammarsi durante il solo, il tutto per cinque lunghissimi devastanti minuti!
 

“Freedom Heart”, arriva come la quiete dopo la tempesta, è la ballad, una song impostata inizialmente su ritmi cadenzati, per poi emergere con veemenza, il tutto con alle spalle una tempesta condita di tuoni, vento e fulmini… L’apoteosi!
Siamo quasi giunti in dirittura d’arrivo, “Fight Forever”, è il brano che ci vuole per una giusta pausa, prima dell’epilogo, che giunge con altre due song di valore assoluto, prima “Nowhere Man”, unico brano nel quale si sente l’utilizzo dei sintetizzatori, dosati, tuttavia in modo oculato, senza dunque stravolgere il tema che ormai si era delineato per tutta la durata dell’album. Mentre l’epilogo spetta a “Metal Law 2006”, brano col quale si torna all’attacco, un colpo di coda inaspettato dopo il precedente episodio, anche in questo caso la batteria torna a far male, il refrain energico fa presa diretta e si inserisce in un contesto già collaudato, così come l’ennesimo solo schiacciasassi.
 

Consigliato a tutti gli amanti del genere: fate vostro questo album, ascoltatelo, riascoltatelo, assimilatelo oppure semplicemente …rispolveratelo!!  
E pensare che sono già passati 10 anni da questa release…

HAIL HAIL TO MAJESTY

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