Recensione: Hellgeist

Di Carlo Passa - 1 Maggio 2015 - 21:00
Hellgeist
Band: Hellgeist
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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55

Album di debutto per i piemontesi Hellgeist, a poco più di due anni dal demo What a Hell.
La band italiana si muove tra qualche eco di thrash metal vagamente tardo-ottantiano, i riffoni tipici dei Pantera (evidente massima influenza del gruppo) e il groove del più recente metalcore.
Il disco è ben prodotto e suonato con perizia ineccepibile. Pur non variando molto lungo la durata del disco, gli arrangiamenti sono ben curati e adatti ai pezzi. A latitare è, invece, una sufficiente dose di personalità e di dinamica. La band tende, infatti, a ricalcare schemi noti e non sembra fornire particolari sorprese nelle otto canzoni che compongono il disco. Il risultato è una certa ripetitività, che finisce per stancare l’ascoltatore.
Last Breath apre l’album e racchiude in sé tutte le caratteristiche degli Hellgeist: aggressività, riff compatti e, qui più che altrove, un discreto gusto per la melodia racchiuso nelle compatte ritmiche tipiche del genere. Molto del resto del disco rientra sotto la medesima inquadratura, con qualche episodio che si staglia sopra gli altri (Again e la buona Emily su tutte).
Discorso a sé vale per Your World, che si discosta un poco dalla linea dominante del disco. I tempi si fanno più vari, i suoni un po’ meno compressi e i richiami ai primi anni novanta abbondano. La band riesce a mantenere un buon groove lungo l’intero pezzo, che si lascia ascoltare con piacere.
Meritevole di menzione anche la canzone posta in chiusura, Hell, che alterna sfuriate e tempi più lenti. Gli Hellgeist dimostrano di saper gestire trame anche complesse, benché la qualità compositiva non riesca a decollare più di tanto.
Hellgeist è un disco di debutto e qualche limite gli va perdonato. Tuttavia, le lacune sembrano essere più strutturali che contingenti, in quanto è la proposta musicale e, in ultima istanza, il processo di scrittura stesso ad essere claudicanti.
La band è derivativa, il che non è affatto un male in sé. Ma se ci si vuole permettere di innestarsi in un filone così chiaramente delineato senza scadere nella canonica ripetizione, bisogna trovare una marcia in più proprio nella qualità del songwriting e nella conseguente personalità della band. Due caratteristiche che, al momento, mancano agli Hellgeist. Alla prossima.

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