Recensione: Hell’s Animals
Un anno dopo il più che buon esordio discografico di The Daily Horror News (…From The Lost Side Of The World) (1988, Steamhammer/SPV), i teutonici Risk proseguono la loro feconda attività artistica con la stampa del loro secondo full-length: Hell’s Animals. Alla formazione d’esordio – Heinrich Mikus (Vocals/Guitars), Roman Keymer (Guitars, Angel Dust, Crows, Centaur), Peter Dell (Bass, Faithful Breath) e Jürgen Düsterloh (Drums, Faithful Breath) – si aggiunge Thilo Herrmann (Guitars, Faithful Breath, Grave Digger, Holy Moses e Running Wild).
Appena puntato il laser sulla prima traccia del disco, Monkey Business, ci si accorge che un anno è bastato, all’act tedesco, a dare una decisa sterzata al proprio stile, ben espresso e caratterizzato nelle canzoni di The Daily Horror News (…From The Lost Side Of The World).
A parte la produzione, sempre poco propensa a dare al sound la necessaria potenza di cui il gruppo necessiterebbe – qui ulteriormente penalizzante con un suono di rullante davvero scarno e poco profondo, “da scatoletta” – la direzione musicale appare decisamente diretta verso il Thrash, ovviamente di pura matrice teutonica.
A parere di scrive, si è rivelato decisivo, in ciò, l’innesto di Thilo Herrmann, nello stesso periodo membro dei connazionali thrasher Holy Moses (uno dei primi gruppi “estremi” a proporre un cantante donna, Sabina Classen). Tale direzione musicale, sempre a parere di chi scrive, si è rivelata, nella stesura dell’album in esame, poco felice, in quanto ha determinato la perdita della freschezza, agilità e dinamicità che permeavano il groove della band, indirizzando lo stesso verso un tono più “serio” e, a volte, cupo.
Oltre alla già menzionata Monkey Business, Perfect Kill rappresenta un altro esempio di canzone riottosa, dura, pesante, anthemica nel refrain, amelodica e, in un certo senso, fredda. Come del resto The Secret Of Our Destiny, dal riff lento, pesante e compresso all’inizio, che poi lascia spazio ad un riff invece continuo e veloce. Anche Megalomania strizza decisamente l’occhio a sonorità dure, scarne, oscure, pur mantenendo comunque una certa riconoscibilità con il sound melodico posseduto dalle canzoni descritte successivamente.
Con Dead Or Alive, infatti, si ritrova il piacevole dinamismo ed il calore che sprigionavano le canzoni del primo album. Pur essendo una canzone decisamente veloce, sono presenti numerosi cambi di tempo e rallentamenti, le linee di basso caratterizzano il brano stesso con calore e con alternanza di tonalità alte/basse, gli assoli di chitarra sono rapidi e classicamente armonici. Da ricordare il refrain, scandito e deciso, ed il melodico break centrale. Assieme alla canzone appena descritta, si ritrova il Power a doppia cassa con Sicilian Showdown, canzone semplice ed immediata, dal ritornello godibile ed orecchiabile. Pure Mindshock cerca di non avvicinarsi troppo al Thrash, con il suo refrain “mobile”, seppur anthemico e amelodico, ma col suo dinamismo e la sua armonicità nelle linee di basso di Peter Dell (forse l’elemento più peculiare del Risk-sound). In Epilogue, episodio decisamente melodico, esplode finalmente il vero, caratteristico groove che tanto aveva fatto presa negli ascoltatori che avevano apprezzato appieno il debut-album. Ritmi veloci e vari, improvvise aperture melodiche, cantato di Heinrich Mikus deciso ma non invadente (seppur un po’ anonimo e poco incisivo in tutte le canzoni dell’album), assoli dei chitarristi Roman Keymer e Thilo Herrmann cristallini ed orecchiabili.
Episodio a se’ stante, Torture And Pain, introdotta da oscuri campionamenti e tastiere, e da un melodico intarsio cesellato con classe dalle chitarre soliste. La canzone prosegue con lo stesso, azzeccato, groove iniziale, con una strofa dai toni nemmeno tanto velatamente epici, ben ritmata, dall’incedere armonico e dinamico.
Anche Russian Nights rappresenta una sorta di anomalia nel contesto generale, in quanto si tratta di una canzone dallo stile decisamente Heavy, ad iniziare dalla strofa, per comprendere chorus ed assoli, di chiara matrice classica nel ritmo dettato dalla batteria di Jürgen Düsterloh.
Skid-Row Kid (non presente su vinile), che chiude il CD, non è altro che un breve brano strumentale scandito solo dalle chitarre, che comunque non sfigura nel contesto generale del lavoro.
Lavoro che, come accennato più sopra, avvicinandosi al Thrash in maniera decisa in una buona manciata di canzoni, perde un po’ di originalità ma, soprattutto, di omogeneità compositiva: le canzoni stesse, alcune delle quali di ottima fattura (Monkey Business, Epilogue, Torture And Pain, Dead Or Alive), sono altalenanti nella determinazione di uno stile ben preciso e perfettamente messo a fuoco; non riuscendo, alla fine, a centrare l’obiettivo preposto. In ogni caso, la classe non è acqua, ed alla fine, comunque, si fa sentire l’abilità e la professionalità dei musicisti, che, unitamente ad un songwriting a volte decisamente buono, mantengono l’album su valori ben superiori alla sola sufficienza.
Daniele D’Adamo
Tracklist:
1.Monkey Business
2.Perfect Kill
3.Dead Or Alive
4.The Secret Of Our Destiny
5.Sicilian Showdown
6.Torture And Pain
7.Mindshock
8.Megalomania
9.Russian Nights
10.Epilogue
11.Skid-Row Kid (CD bonus-track)