Recensione: Hels Vite
Dopo una lunga e silenziosa attesa, quasi a voler attaccare alle spalle, ecco ricomparire i cinque eroi svedesi alla guida del terzo carro di malattie e pestilenze, l’ennesimo folle piano della banda post-viking di Lindgren e soci. Eravamo rimasti, nel 2005, con il mostruoso Farsotstider, album ricco di pathos e a mio giudizio ancora troppo sottovalutato soprattutto quando viene costantemente paragonato al volto precedente dei Thyrfing, un capitolo ormai chiuso, nel bene o nel male.
Due anni dopo, a seguito di alcune divergenze sul piano personale e lavorativo, si allontanano nientemeno che lo storico cantante Thomas Väänänen e il chitarrista Henrik Svegsjö. La band risulta praticamente sventrata e l’entrata di Jens Rydén, vecchia gloria dei Naglfar, desta qualche preoccupazione per un eventuale cambio di stile e di intenti. Rydén probabilmente non sarebbe stata la voce ideale per i Thyrfing di Valdr Galga e di Urkraft, ma per i neothyrfing, quelli schizofrenici, quelli mostruosi e cavernosi, un ex Naglfar appare proprio la scelta ideale.
La perdita di una voce in ogni modo eccellente di Väänänen non è certamente da prendere sottogamba, ma abbiamo recentemente avuto modo di godere di cambi di cantanti storici (Finntroll, Amorphis, Marduk…) che si sono rivelati abbastanza proficui.
Il talento oscuro appena ottenuto si è dunque rivelato di pregio per i Thyrfing, i quali hanno potuto così continuare per il proprio sentiero buio e irto di spine, anche se con le dovute differenze dai lavori precedenti. Con Farsotstider la band ha raggiunto probabilmente il proprio picco più tetro, nero e fangoso, mentre con Hels Vite la band esprime decisamente un volto più leggero e disteso, ma non per questo meno apocalittico.
Gli arrangiamenti lasciano spazio al respiro e alla meditazione, i riff si distendono per la durata notevole di ogni traccia e lasciano lavorare al meglio la selvaggia voce di Rydén, le sempre più azzecate tastiere dell’ottimo Löf sono sempre più dosate – e per questo ancora più incisive, mentre è Lindgren l’anima pulsante della band e forza motrice del passaggio dai campi di battaglia pieni di guerrieri in combattimento ai campi di battaglia ricoperti di morti, con i corvi a volteggiare tra le nubi gravide di pioggia.
Hels Vite è un disco di passaggio che ricorda difficilmente, a parte le atmosfere, i due album precedenti dei Thyrfing post-viking. La batteria, dai suoni normali e ben scanditi, discosta a sufficienza quest’ultimo lavoro dal visionario Vansinnesvisor e dai suoi suoni gommati: siamo dunque di fronte a un’evoluzione più chiara e in un certoqualmodo più epica dell’album appena trascorso.
Difficile trovare band di riferimento: si respira aria “paludosa” in stile Kalmah e la postura musicale ricorda in un certo senso i primi Primordial; tuttavia i nuovi Thyrfing sono una band diversa che percorre un sentiero proprio nell’oscurità sia musicale che intellettuale: in pochi purtroppo conoscono i loro ultimi lavori (dovrebbe essere un segnale d’allarme per la Regain) e in molti associano ancora il loro nome a quel viking metal bombastico e pomposo degli anni 90-2000.
La minuziosità del lavoro di cesello che si trova dietro ad alcune delle tracce più felici di Hels Vite meriterebbe molto più dell’attenzione di qualche rivista o webzine specializzata. Lo stile proprietario dei cinque svedesi ha classe da vendere e in particolare, il dosaggio preciso e fulminante delle tastiere è una delle parti più rivoluzionare e godibili di questo nuovo percorso intrapreso. L’ottima “Isolation” vanta una tastiera a ondate di gran teatralità e i testi particolarmente ben scanditi di Rydén trasmettono una sgradevole sensazione di trovarsi come in posizione di svantaggio, quasi di istupidimento, di fronte a una canzone che sembra dischiudere argomenti troppo sinistri per essere compresi. Fantastica, senza mezzi termini, la title track, che amalgama perfettamente un growl disperato, lontane eco femminili, voci pulite di precisione incantevole e un incedere corale lento e monumentale che ben si collega all’epos tutt’altro che sfrenato di “Griftefrid” che non può non far tornare alla mente le atmosfere più idilliache e composte del Bathory di Blood on Ice e dintorni. L’asimmetricità melodica della paurosa “Tre Vintrar – Två Solar” ricorda con severità uno degli aspetti che dovrebbero essere più importanti del songwriting: il costante mantenimento dell’interesse tramite soluzioni sempre nuove o inattese che lascino l’ascoltatore in continuo “scrutinio” del brano in corso.
Con la semplicità che solo un gruppo di musicisti navigati come i Thyrfing possono vantare, l’album si dipana tra scelte musicali argute e passaggi a tratti possenti e a tratti piccoli e insidiosi come creature del sottobosco.
L’armatura tentacolare e mostruosa dei due album precedenti ha finalmente rivelato un cuore saggio ancora una volta non adatto alla maggior parte degli ascoltatori. Il carattere tutto sommato remissivo e intimista del lavoro proposto, atto a creare atmosfere inquietanti più che a creare belve da palcoscenico, non è adatto a essere ascoltato in compagnia o in qualsivoglia momento della giornata.
Hels Vite è una gemma da scoprire lentamente e gradualmente, cosa che andava fatta anche con l’album precedente che non ha purtroppo dato i frutti sperati. Lavori originali ma senza eccessi e di notevole pregio come questo non ne escono molti in quest’epoca: il mio consiglio, anche ai detrattori dei Thyrfing senza corni e drakkar, è quello di dargli un ascolto, sia mai che qualcuno riesca a intravedere la marea di orrore che si cela dietro all’apparente lento incedere dei cinque briganti di Stoccolma.
Daniele “Fenrir” Balestrieri
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TRACKLIST:
1. En Sista Litania
2. Från Stormens Öga
3. Isolation
4. Hels Vite
5. Griftefrid
6. Becoming The Eye
7. Tre Vintrar – Två Solar