Recensione: Helvegr
Avete bisogno di un parrucchiere? Servono delle mèches? Comprate Helvegr. Il sesto album degli Tsjuder arriva in un momento in cui a parecchia gente fischiano ancora le orecchie dall’esibizione del Black Winter datata 2018, dove misero a ferro e fuoco il palco del Campus, e viene pubblicato ben otto anni dopo Antiliv, sempre da Season Of Mist. In questo lasso di tempo, e con le diatribe interne finalmente alle spalle, Nag e Draughluin si rimboccano le maniche, le affilano come un coltello da macellaio e tornano sul mercato discografico come se fossero passati solo due giorni. I norvegesi sono in perfetta forma, la voglia è tanta, la cattiveria anche e quello che l’ascoltatore si trova di fronte è un monolite in grado di radere al suolo qualsiasi cosa.
Helvegr è un’opera di una ferocia inaudita, che farà contenti tutti gli amanti della Norvegia nera che conta. E’ un disco che si ascolta tutto d’un fiato e che non presenta nessun calo durante una tracklist che, in quaranta minuti scarsi, dice tutto quello che deve dire senza troppi giri di parole. Ci sono due tipi di brani nel disco: quelli più diretti e sintetici e quelli più lunghi ed elaborati, dove gli Tsjuder offrono proprio le prestazioni migliori. La titletrack, Surtr e Gods of Black Blood sono quindi i momenti trainanti, contornati da veri e propri missili; non si rallenta quasi mai e forse è meglio così: in Helvegr tensione e furia sono oltre i livelli di guardia e chi ascolta non può non apprezzare. La produzione offre il giusto livello di marciume e fa il suo sporchissimo lavoro senza penalizzare alcunché; qui, in ogni caso, non c’è bisogno di orpelli ma di seghe circolari, ed è esattamente ciò che ci viene offerto.
Una cosa che a nostro avviso non serve all’opera è l’ultimo brano, Hvit Død: uno stralcio strumentale che non arriva a tre minuti e risulta totalmente anonimo e fuori contesto. Probabilmente all’inizio della tracklist avrebbe goduto di miglior fortuna; in questa maniera invece spezza talmente la tensione che si arriva a skippare per tornare alla prima traccia e rincominciare il massacro. Roba comunque di poco conto, che non inficia per niente un lavoro che consumerà letteralmente i vostri lettori cd. Sarà durissima per la concorrenza tirare fuori un lavoro in grado di competere con Helvegr; speriamo solo di non dover attendere altri otto anni, di black metal di qualità ce n’è sempre bisogno e qui è stato proprio azzeccato tutto. L’immancabile cofanettino proposto dalla label francese contiene anche un cd bonus, ‘Tsjuder Tribute to Bathory Scandinavian Black Metal Attack’, che si rivela un ottimo valore aggiunto soprattutto in funzione di un acquisto che, per ogni amante di certe sonorità, appare quasi obbligato.