Recensione: Here Comes The Rain

Di Manuel Gregorin - 29 Gennaio 2024 - 8:30
Here Comes The Rain
Band: Magnum
Etichetta: SPV / Steamhammer
Genere: AOR 
Anno: 2024
Nazione:
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81

Here Comes The Rain, la nuova fatica discografica dei Magnum, è senz’altro arrivata in un momento molto particolare per la band inglese. Infatti, come riportato da numerose testate tra cui anche truemetal.it, questo nuovo lavoro esce a pochi giorni dalla scomparsa del chitarrista Tony Clarkin.
Clarkin ricordiamo, era uno dei fondatori del mitico gruppo britannico assieme al vocalist Bob Catley: i due musicisti erano gli ultimi due membri originari dai tempi degli esordi.

Senza cadere nella facile retorica cerchiamo ora di ricordare Tony Clarkin con la sua musica, una passione che lo ha costantemente accompagnato e che ha sempre voluto condividere con i fan.
A testimonianza di questa sua dedizione, possiamo descrivere il nuovo album come un disco che ha visto il chitarrista e compositore molto impegnato nella fase di realizzazione. Nonostante i tanti anni di attività, a Tony non sono mai mancate le motivazioni e le idee per realizzare ciclicamente della nuova musica, questo perché, come lui stesso affermava nelle note di presentazione, “per un musicista non c’è niente di più soddisfacente di inventare qualcosa di nuovo, qualcosa che gli piaccia davvero”.

Here Comes The Rain è il ventitreesimo capitolo della loro lunga carriera. La formazione rimane invariata rispetto al precedente The Monster Roars del 2022 con gli storici Catley e Clarkin affiancati da Rick Benton (tastiere), Dennis Ward (basso) e Lee Morris (batteria). La copertina infine è stata realizzata da Rodney Matthews, già autore in passato di molti loro artwork.

Il lavoro si apre con le note eleganti di Run Into The Shadow, un rock raffinato con intriganti linee vocali ad intrecciarsi con delle ricercate trame musicali. La seguente Here Come The Rain è un pezzo intriso di una certa malinconia sognante con arrangiamenti ben curati.
I Magnum si dimostrano dei veri lord inglesi, ed anche nelle loro composizioni mantengono sempre un certo portamento. Ne è un buon esempio la seguente Some Kind Of Treachery, una ballad epica con melodie struggenti ed una magistrale interpretazione di Catley, sempre molto sentita e coinvolta. Melodia sempre protagonista anche nella seguente After The Silence, con certe spruzzate orchestrali a dare maggior pathos al pezzo.
Blue Tango, primo singolo di Here Come The Rain, è un rock n’roll vivace e spensierato con Clarkin e Benton impegnati a rincorrersi in briosi passaggi di chitarra e tastiere.

Il disco acquista maggior enfasi con la seguente The Day He Lied, un rock dalle atmosfere evocative che paiono ricamate su misura per la voce di Bob Catley. Il finale vede uno spazio per Lee Morris, che sfuma il pezzo su di un ritmo dal sapore marziale.
Possiamo definire The Seventh Darkness sicuramente un brano degno di nota: un rock frizzante grazie anche al contributo di Chris “BeeBe” Aldridge (sassofono) e Nick Dewhurst (tromba) come ospiti. La presenza dei fiati conferisce al brano un certo retrogusto di rock teatrale che ricorda alcune cose di Meat Loaf o Toto. Godibile poi il duello tra il sax e la chitarra, una trovata che lo stesso Clarkin aveva definito uno dei veri highlight di quest’album.
Broken City è un pezzo con la sola voce accompagnata delle tastiere nel creare un alone di mistica suggestività.
Con I Wanna Live i Magnum mantengono ancora un atteggiamento composto andando a tirare fuori dal cilindro un brano trasognato, con Cartley che pare assorto in chissà quali fantasticherie. Non manca poi uno spazio per Tony Clarkin che ci delizia con un pregevole assolo di chitarra.
Infine un intro dei sapori orientali ci introduce alla conclusiva Borderline, un mid tempo epico dall’andatura cadenzata, sorretto dalle battute precise scandite dalla sezione ritmica di Ward e Morris. La traccia scorre via piacevole fino a dissolversi in meste note di pianoforte.

Si conclude così Here Comes The Rain, un lavoro di classe fatto con mestiere e buon gusto. Un prodotto in cui i Magnum imprimono il loro marchio di fabbrica, frutto dei loro anni di esperienza.

Un disco allusivo che con il suo rock epico e melodico riesce a dipingere scenari suggestivi con cui coinvolgere l’ascoltatore. Un’opera matura che in questo momento probabilmente rappresenta l’unica certezza per i Magnum, rimasti orfani della chitarra e della penna di Tony Clarkin. Quest’ evento, come si può ben immaginare, ha proiettato non poche ombre sul futuro della band, che ora dipenderà dalla volontà del solo Catley.
Cosa succederà nei prossimi mesi non è dato saperlo. Forse al momento non lo sanno neanche i Magnum o Catley stesso.
A noi resta comunque tutta la loro musica realizzata in quarantacinque anni di attività.
E anche nel caso che il loro cammino fosse ormai giunto alla fine, Here Comes The Rain è sicuramente un ottimo commiato al termine di una lunga ed onorata carriera.

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