Recensione: Hesperia

 

Sembra ormai consuetudine assodata in casa Stormlord fare attendere anni fans e addetti ai lavori prima di ascoltare del nuovo materiale. O se preferite, Cristiano Borchi e soci scelgono di volta in volta di prendersi tutto il tempo che ritengono necessario prima di pubblicare un album. Sta di fatto che “Mare Nostrum” è uscito ormai cinque anni fa e il disco a questi precedente, “The Gorgon Cult”, era datato 2004.

 

Fortunatamente l’attesa non è mai stata vana, visto il vertiginoso aumentato qualitativo rispetto ai furiosi ma acerbi esordi. Soprattutto con “Mare Nostrum”, gli Stormlord dimostravano di aver raggiunto la piena maturità, uscendo definitivamente dalle ombre dagli eroi di gioventù per entrare in una dimensione compiutamente personale dell’Extreme Epic Metal. In quell’occasione infatti, pur non rinnegando il “verbo nero” e orchestrale, si innestavano arrangiamenti, melodie e suoni tipicamente mediterranei che ne facevano l’episodio più felice della discografia, almeno fino ad ora.

 

Proprio da li riparte “Hesperia”. Al contempo,  assistiamo al recupero dello spirito più battagliero e all’ingresso di soluzioni liriche e compositive mai provate in precedenza. Per il primo concept della loro carriera,  i ragazzi hanno curato minuziosamente ogni dettaglio, in modo da rilasciare un prodotto estremamente curato e altrettanto ambizioso. D’altronde non puoi fare altrimenti, quando decidi di cimentarti con Virgilio.

 

 L’Eneide è infatti il testo che gli Stormlord hanno deciso di musicare, per la precisione i primi sei libri che narrano la fuga di Enea da Troia in un peregrinare per il Mediterraneo che lo porterà  a raggiungere quelle terre che poi diventeranno Roma ed il Lazio, appunto l’Esperia secondo la denominazione greca. Senza essere pretenziosa, la compagine romana vi si cimenta con reale passione, prendendosi anche alcune “licenze” poetiche, senza però uscire dal seminato o stravolgere l’idea del Sommo.

 

Musicalmente si diceva di un recupero dell’antico ardore estremo sempre enfatizzato dall’indole epica che contraddistingue i ragazzi soprattutto nei cori, cui si sommano parti ora sinfoniche, ora più marcatamente popolari e tradizionali, principalmente (ma non esclusivamente) utilizzate come introduzioni o intermezzi rispetto al precedente lavoro, più omogeneo in tal senso. Preme sottolineare come esse non siano  affidate soltanto alle tastiere ma suonate da veri strumenti, come l’italianissimo mandolino o le benas.

 

Tensione alle stelle sin dalle “cinematografiche” note introduttive della traccia che porta il nome dell’eroe protagonista per poi non calare praticamente mai man mano che scorre il tempo, sia che si tratti di canzoni di black epico nella tradizione del quintetto laziale come “Bearer of Fate”,“ My Lost Empire” o la splendida “Onward to Roma” (simbolo e regina del CD), sia che ci si trovi in un tipico esempio della “seconda era” come “Motherland”.

 

Qualche parola in più vorrei spenderla per due brani in particolare: “Hesperia” e “Those Upon the Pyre”. 

 

La prima, oltre ad essere la loro composizione fin ora più particolare, è una sfacciata dimostrazione di coraggio: l’elettronica incontra l’Epic metal estremo in un mezzo tempo segnato dall’ottimo screaming di Cristiano che declama un testo in italiano. Ditemi un po’, quante band del genere sono cosi impavide da ideare una title track in questo modo? “Those Upon the Pyre” invece è la chiusura col botto, una cavalcata di nove minuti che vede sfilare tutte le anime del gruppo, in  un alternarsi di momenti enfatici, assalti feroci, passaggi magniloquenti ed intermezzi acustici.

 

Null’altro da aggiungere, “Hesperia” certifica lo status artistico assoluto raggiunto dagli Stormlord dopo venti anni di attività, sarebbe ora che ne venissero riconosciuti pienamente i meriti.

 

Matteo Di Leo