Recensione: Hic Svnt Dracones
Chi conosce gli austriaci Dragony? Gli autori di Viribus Unitis, il concept album che vede la famiglia Asburgo, i vecchi sovrani dell’impero d’Austria-Ungheria, protagonisti di una storia alquanto rocambolesca. Nel sopracitato concept, i reali della casa d’Austria provano a risolvere le sorti della Grande Guerra con un mix tra la magia nera e gli studi di Tesla, ritrovandosi con la principessa Sissi posseduta da un demone, un’armata di non morti ed il castello di Schönbrunn a volare in aria. Roba da poter competere con i tedeschi Victorius e le loro storie di dinosauri, mammut e robot a difendere la terra da ninjia alieni.
Tutte opere queste, accuratamente recensite da truemetal.it, se mai foste interessati ad approfondire…
Tornando ai Dragony, per questa nuova uscita dal titolo Hic Svnt Dracones, si mantengono tematiche più sobrie, affrontando una storia con più comuni corsari, draghi e mitologia vichinga. Il quinto album in studio è intriso quindi di un power metal con melodia, epicità e cori boriosi tirati all’eccesso e distribuiti in abbondanza. I Freedom Call hanno seminato ed ora i Dragony raccolgono e rilanciano.
Una proposta musicale dai colori vivaci ed una pacchianeria melensa da farvi aumentare i livelli di glicemia al limite del diabete.
Il disco si apre con l’intro From The World, che altri non è che la Sinfonia Del Nuovo Mondo del compositore Antonin Dvorak, a suo tempo ripresa anche dai Rhapsody Of Fire. La seconda traccia Dreamchasers è un power leggero e pattinato con Siegfried Samer accompagnato da una voce femminile. Il tutto in un contesto molto composto e leggerino. Ed anche gli sporadici innesti di voce in growl vengono annaquati dalla zuccherosità del pezzo. Silver & Blood propina una melodia eroica sulle tracce della più classica scuola Freedom Call. Dragon Of The Sea è una traccia più vivace con una struttura anthemica ed un ritornello con una stucchevolezza probabilmente voluta.
I’ll Met by Moonlight mischia power metal e melodia, il tutto amplificato da partiture sinfoniche, con un risultato che tutto sommato si lascia anche ascoltare volentieri. Delle tastiere fredde introducono la successiva Perfect Storm, un pezzo standard nel complesso abbastanza dignitoso.
Nella title track Hic Svnt Dracones (Here Be Dragons) i Dragony provano a dare il meglio di sé. Dopo un intro stile colonna sonora da kolossal hollywoodiano si inserisce un pianoforte che ricorda certe cose di Meat Loaf. Il brano si sviluppa poi nei suoi quasi nove minuti intrecciando power leggero, cantato simil pop e certi coretti davanti ai quali, lo stesso Chris Bay si toglierebbe il cappello e stringerebbe la mano ai Dragony.
The World Serpent sorprende l’ascoltatore con una chitarra insolitamente più aggressiva rispetto a quanto ascoltato finora, mantenendosi poi, su un power metal di scuola europea con ritmi leggermente più arrembanti.
The Einherjar (What Dreams May Come) si allinea a quanto già ascoltato precedentemente, con l’aggiunta di una melodia vagamente folk ad inizio brano. Twilight of the Gods e la seguente Beyond the Rainbow Bridge affrontano le tematiche sulla mitologia scandinava, mentre musicalmente si prova a seguire le orme di Battle Beast e Beast In Black.
Infine The Untold Story (Albion Online), chiude questo disco senza tirar fuori niente di particolare.
Come si sarà già capito, Hic Svnt Dracones ruota attorno ad un power metal con epicità pacchiana e melodia in abbondanza. C’è ben poco di quella aggressività che dovrebbe essere ricorrente nella musica metal. Tutto questo comunque non è da considerare un difetto, in quanto evidentemente si tratta di precisa scelta stilistica. Il vero punto debole semmai, è in una certa prevedibilità delle soluzioni proposte. Cose già sentite migliaia di altre volte che non riescono mai, neanche minimamente, a sorprendere l’ascoltatore.
Qualche idea indovinata comunque c’è, e nonostante una certa monotonia di fondo, qualche pezzo riesce a farsi piacere, soprattutto se si è di “bocca buona”.
Hic Svnt Dracones, alla fine è un disco indicato quasi esclusivamente per una determinata cerchia di ascoltatori, particolarmente appassionati di quel sympho power melodico che non ha paura di sconfinare nel pacchiano, anche se, è bene specificare, non ci troviamo di fronte a picchi particolarmente elevati.