Recensione: Hide The Sun
Dopo essere emersi alla luce nel 2008 con la pubblicazione di un primo EP intitolato “Fire In The Sky”, i greci Kingdragon hanno avuto modo di accumulare una discreta esperienza Live che, nel corso degli anni, ha permesso loro di suonare accanto a nomi importanti dell’Hard Rock mondiale come House Of Lords e Firehouse.
In pochi anni la band, guidata dal tastierista / cantante George Aspiotis, è stata in grado di ritagliarsi un proprio territorio di azione ed essere notata dalla stampa specializzata, fino ad arrivare all’importante traguardo dell’esordio discografico, di fresca pubblicazione ed intitolato “Hide The Sun“.
Riprendendo l’atmosferica “Man Of Yesterday”, già apparsa nell’EP precedente, i nostri arricchiscono la loro proposta musicale con altre undici tracce per confezionare un’opera prima solida ed accattivante, per poco più di un’ora di ottimo Melodic Rock, assai debitore dello stile di gruppi come Red Dawn e gli stessi House Of Lords.
Partenza dunque adrenalinica per il combo greco, che apre le danze con la decisa “Last Time”, opener che dopo una breve intro tastieristica, è squarciata dai massicci riff chitarristici, inanellati con sapienza dal bravo Anastasis Fragopoulos ed impreziositi dalle energiche ed orecchiabili melodie, interpretate ottimamente dal già menzionato George Aspiotis come ben si evince nell’ottimo refrain che domina il brano.
Il Rock degli anni ’80 sembra vivere una seconda giovinezza con la magnetica “Burn It Down”, canzone perfettamente strutturata, in cui chitarra e tastiere creano un muro sonoro d’impatto, su cui il combo greco può esprimersi al meglio grazie ancora ad un chorus irresistibile.
La melodia prende nuovamente il controllo della situazione nelle note dell’ottima title track, nella quale il gruppo sforna un nuovo episodio di potenza mista a melodia, non tradendo la fede nell’Hard Rock più melodico.
“Shout Very Loud”, prosegue la scia di grande musica avviata dalle precedenti tracce: questa volta il gruppo sembra voler ispessire il proprio sound con una serie di riff ben costruiti, che confermano ulteriormente la qualità di un album con pochi punti deboli, se non quello magari di essere caratterizzato da una produzione asciutta e pulita, ma in verità, forse poco aggressiva.
“Only Winter” mostra il lato più crepuscolare del quartetto greco che mette a segno un nuovo episodio notevole di questo esordio, preludio dell’energica “Victim Of Love”. Un passaggio che certamente non aggiunge nulla di nuovo a quanto ascoltato finora, ma permette comunque al disco di scorrere agevolmente, restando su ottimi livelli qualitativi.
Poco dopo i Kingdragon s’infatuano di oscure atmosfere orientaleggianti nella bella “Asian Star”, caratterizzata da un riffing chitarristico decisamente più aggressivo, senza comunque offuscare le melodie sempre ben evidenziate dalle tastiere e dalla voce del bravo singer.
La seguente “Living For Tomorrow”, si assesta su sonorità efficaci, ma altresì, ampiamente sfruttate dal combo, che in ogni caso, continua a macinare buone canzoni, come dimostrato dalla massiccia “Judgement Day”, che come molte altre canzoni di questo lavoro, sembra essere uscita da un album degli House Of Lords.
La band non si arresta e procede imperterrita nello sfornare buoni pezzi a base di melodia ottantiana: “Dreams Are Broker” conferma ancora la bontà di un songwriting curato nei minimi dettagli.
Gli ultimi istanti dell’opera sono scanditi dalla già menzionata “Man Of Yesterday” e soprattutto dalla rasoiata conclusiva della massiccia “Live For Rock”, che tuttavia, pur esaltando le capacità del combo greco, avrebbe potuto convincere di più, se caratterizzata da una produzione in grado di esprimerne al meglio la carica aggressiva.
Ottimo esordio dunque per i Kingdragon, autori di un album di buonissimo livello che farà la gioia di tutti i sostenitori dell’Hard Rock melodico e di gran classe.
Quelli per intenderci, che sognano ancora ad occhi aperti i dorati e gloriosi anni ottanta.
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