Recensione: High Priestess
I Kobra And The Lotus si formano, per un idea di Brittany “Kobra” Paige, nel 2008 in Canada, più precisamente nella provincia d’Alberta. Il loro disco di debutto è datato 2009, un disco acerbo e, data la giovane età della band, a tratti un po’ ingenuo. Nonostante questo aspetto però, la band iniziò una proficua attività live. All’epoca i Kobra And The Lotus ruotavano attorno alle figure del bravo batterista Griffin Kissack e della “ribelle rocker” “Kobra” Paige. Sempre in quel periodo, la band, oltre ad aumentare il proprio bagaglio d’esperienza e capire quale sentiero musicale percorrere, si trova coinvolta in un continuo rinnovamento della lineup che, attorno alle due storiche figure di Kissack e Kobra Paige, troverà stabilità nel 2012 per la registrazione del secondo ed omonimo full length. Album che attirò su di sé molta curiosità, merito soprattutto di un nuovo e prestigioso contratto con la Simmons Records, label di un certo Gene Simmons, che la band aveva da poco conquistato. Il disco mise in mostra una crescita esponenziale del combo canadese, sia tecnicamente sia per la qualità delle composizioni. Un full length che tutt’ora è uno dei dischi più ascoltati da chi sta scrivendo queste righe, un piccolo manifesto su cosa voglia dire suonare heavy metal nel nuovo millennio.
Dopo una tal premessa, era normale avere elevate aspettative nei confronti della nuova fatica discografica di Kobra Paige e soci. Aspettative che, allo stesso tempo, portavano a chiedersi se i Kobra And The Lotus sarebbero stati in grado di non farsi “schiacciare” dalla pressione di dover a tutti i costi ripetere e dare continuità a quel capolavoro datato 2012. E’ quindi con estrema curiosità che inserisco il nuovo “High Priestess” nello stereo e pigio il tasto play. Il disco si apre con “Warhorse”, canzone che la band ha presentato in sede live nell’ultima tournèe effettuata prima delle registrazioni. Si nota immediatamente una differenza con l’illustre predecessore: la produzione. Questa volta il disco è stato affidato alle sapienti mani di Johnny K, gia all’opera con Megadeth e Disturbed, ottenendo una produzione moderna ma estremamente pulita. In particolare le chitarre, nel nuovo “High Priestess”, sono più cristalline e questo permette di apprezzare in modo migliore il lavoro svolto da un Jasio Kulakowski sopra le righe. In quest’album, la band, mette in mostra una maggiore ricercatezza e attenzione alla melodia. Inoltre, se il precedente lavoro presentava elementi riconducibili agli Iced Earth, quelli veri, quelli degli anni Novanta, il nuovo “High Priestess”, mantenendo il “dna” che caratterizzava “Kobra And The Lotus”, presenta anche elementi che posson esser riconducibili ai Megadeth ed un guitarwork molto più articolato. Da precisare che i nomi altisonanti qui riportati, vanno visti come una sorta di “eco”, in quanto la band canadese presenta una personalità forte e marcata. Una larga fetta di questa personalità è sicuramente dovuta alla voce di Kobra Paige, dotata di una timbrica forse unica nel suo genere. La cantante continua infatti il percorso evolutivo e si dimostra totalmente padrona della propria voce, sfruttandola nei suoi colori e tonalità, aumentando e migliorando la capacità interpretativa nelle varie canzoni. Al contrario delle sue colleghe, lascia da parte l’impostazione lirica per cantare in voce piena, con uno stile, passatemi il termine, più da maschio. Nell’ascoltare le sue linee vocali, si può facilmente intuire quanto sia stato importante per lei il compianto Ronnie James Dio.
Scendendo maggiormente nel dettaglio, il disco si apre con l’accoppiata “Warhorse” e “I Am, I Am”, forse i due capitoli meno felici dell’album. Non brutte canzoni, tutt’altro. Canzoni di qualità. Sono però due composizioni in cui la personalità della band canadese passa leggermente in secondo piano, lasciando maggiormente spazio alle influenze, Megadeth su tutti, e la voglia di anni Ottanta da sempre insita nel combo di Alberta. Fattore riscontrabile anche nelle liriche e nella continua ricerca, da parte di Kobra Paige, di un falsetto di halfordiana memoria. I Kobra And The Lotus iniziano a fare i Kobra And The Lotus a partire dalla terza traccia, “Heartbeat”. Una linea vocale, in pieno stile Kobra Paige, riuscitissima sia nella strofa che nel ritornello. La chitarra di Kulakowski sforna un lavoro eccelso, mettendo in mostra un ottima pulizia di esecuzione sia solistica che ritmica. Il primo vero highlight del disco! Se “Hold On” necessita di qualche ascolto prima di poter esser apprezzata, è dalla title track che l’album decolla definitivamente. Vengono inanellate delle vere e proprie gemme. Dall’assalto frontale di “High Priestess”, che sembra uscire direttamente dal disco precedente, a “Soldier”, primo singolo dell’album e canzone per cui è stato realizzato un video, in cui troviamo melodia ed epicità. Si continua a livelli altissimi con “Battle Of Wrath”, pesante ed aggressiva nella strofa per poi aprirsi in un ritornello estremamente melodico. “Visionary” può esser definita vera e propria canzone strappaorecchi, in cui la differenza viene fatta da un ottima melodia di chitarra e da una Kobra Paige superlativa. A detta di chi scrive, assieme alla successiva “Willow” nel cui riffing fanno capolino elementi à la Running Wild, è uno dei capitoli migliori di un disco d’elevata qualità. Disco che si chiude con la semiballad “Lost In The Shadow”. Un perfetto epilogo grazie alle cupe melodie che la contraddistinguono in cui, una volta in più, il duo Paige-Kulakowski regala una prestazione da brividi.
“High Priestess” si rivela disco di valore, degno successore del precedente “Kobra And The Lotus”, rispecchiandone in parte la struttura. La seconda parte dell’album risulta superiore a quella iniziale che, come gia detto e approfondito in precedenza, risente delle prime due tracce che fanno risultare “High Priestess” leggermente sotto l’altisonante predecessore. Resta però ugualmente un disco che farà la felicità di chi già segue la band e che saprà conquistare chi ancora non la conosce. I Kobra And The Lotus possono esser definiti, oramai di diritto, come una delle più interessanti realtà dell’attuale scena metal. Una delle migliori band uscite negli ultimi anni.
Da segnalare che le registrazioni di “High Priestess” non sono state realizzate da tutta la band ma dallo storico terzetto composto da Kobra Paige (voce), Jasio Kulakowski (chitarre e basso) e Griffin Kissack (batteria). In “I Am, I Am” e “Battle Of Wrath” c’è la partecipazione alla chitarra del talentuoso Charlie Parra del Riego, amico della band canadese e che ha già collaborato in sede live con Kobra Paige e soci. Griffin Kissack, che nel nuovo disco ha suonato più semplificato rispetto al precedente lavoro, ha lasciato la band a registrazioni ultimate.
Marco Donè
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