Recensione: Highway to Heartbreak
Un artwork epico e suggestivo rappresenta il primo biglietto da visita di “Highway To Heartbreak”, scoppiettante esordio discografico realizzato dai rockers ungheresi Stardust.
Affidati alle sapienti mani di Frontiers Music, i nostri confezionano un lavoro non troppo originale a livello stilistico, ma sicuramente godibile per tutti gli appassionati del miglior Rock patinato, tipico degli anni ’80.
A dimostrare che l’originalità non sia fra gli obiettivi principali degli Stardust lo conferma direttamente il (fin troppo) canonico titolo della prima traccia: l’iniziale “Runaway”,almeno nominalmente, si perde nel calderone dei tanti brani omonimi. Tuttavia, ciò che davvero conta è la qualità artistica: da questo punto di vista, l’opener di “Highway To Heatbreak”, sfoggia infatti una solidità compositiva davvero notevole che raggiunge il suo apice nel tanto ruffiano quanto vincente refrain.
Nella migliore tradizione di icone quali Journey e Survivor, tastiere, chitarre e voci armonizzate continuano a coesistere anche nella successiva “Heartbreakers”: anche in questo caso, la carta vincente è rappresentata dal ritornello orecchiabile e d’impatto.
Gli Iron Maiden di “Stranger In A Strange Land” (1986) sono poi la prima fonte d’ispirazione per questo giovane combo ungherese, il quale si muove ancora agevolmente sulle note della riuscita “Bullet To My Heart”.
Il chorus squisitamente anni ’80 di “Bullet To My Heart”, fa da elegante preludio alla pregevole (ma maggiormente prevedibile) “Perfect Obsession”, mentre è poi con la seguente “2nd Hand Love” che il gruppo ritrova la propria grinta abituale.
“Shout It Out” sembra essere un dichiarato omaggio ai Bon Jovi di “Have A Nice Day”: certamente ben realizzato ma, a dire il vero, anche assai poco interessante.
Il decennio degli “Eighties” torna poi a brillare, con tutte le sue atmosfere, nella seducente (ma ancora prevedibile) “Can’t Stop Loving You”, la quale avrebbe potuto convincere di più se fornita di un ritornello più ficcante e suggestivo.
Decisamente più ispirata è invece la successiva “Eye To Eye”, che, a sua volta, fa il paio con l’adrenalinica “Hey Mother”: due brani che riescono a spazzare via le incertezze dimostrate nelle tracce precedenti.
Con una buona dose d’ispirazione, gli Stardust non deludono nelle fasi finali del platter, incastonando due piccole perle quali “Blue Jeans Eyes” (inclusa come traccia bonus e che tanto sa dei più recenti Night Ranger) e “The River Is Rollin‘”.
Episodi questi che si rivelano i veri capolavori di un debutto appagante, seppur minato qua e là da qualche ombra di fondo.