Recensione: HissThroughRottenTeeth
“HissThroughRottenTeeth” è il debut-album dei Mélancolia. Un fatto comune, quello di incidere il primo disco, per cui anche in questo caso non ci sarebbe nulla di che. Sbagliato. Perché la label che li supporta è la più nota e professionale fabbrica di metallo di alta qualità del globo: la Nuclear Blast Records.
Chiaramente ciò non significa che a priori i Nostri siano dei mostri, si perdoni il gioco di parole. Chiunque, in ambito lavorativo, deve infatti guadagnarsi la pagnotta duramente, se intende ottenere dei risultati di livello superiore.
Che è quello che accade nel caso in ispecie, poiché la bravura del combo australiano è davvero notevole. Una bravura tale che sembra assolutamente impossibile che “HissThroughRottenTeeth” sia la sua opera prima, peraltro dopo solo un anno dalla nascita. I più attenti avranno senz’altro notato che il deathcore è assai popolare, in Australia, tant’è che sono parecchie le band in grado di competere con quello tedesco e statunitense (a parere di chi scrive i migliori geograficamente parlando). Per cui non è atipico che ogni tanto venga su campione.
Non è quindi un’esagerazione tirar fuori l’aggettivo impressionante, parlando dei Mélancolia. Capaci di interpretare il genere come se avessero alle spalle lustri di esperienza. Il che non è. Il gruppo, peraltro, ha già stabilito con fermezza in proprio stile. Deathcore violentissimo, duro, arcigno. Tirato a lucido dall’inserimento di sottofondi ambient o addirittura orchestrali (‘When Shovels Drag on Concrete’), giusto per rendere il sound più moderno possibile.
Ed è qui che insiste il suo innegabile talento: essere riuscita a andare oltre alle forme più evolute di deathcore per oltrepassare la frontiera dell’ignoto. Detto sottogenere death, difatti, è interpretato con una visione dei fatti a 360°. È chiaro che non manchino le bordate dei terrificanti stop’n’go (‘Horror_Ethereal’), assieme alle travolgenti sassate tirati a piena forza dai blast-beats scatenati da Mason Page (‘[Inure]’).
Tuttavia, non è questa la vera peculiarità del quartetto di Melbourne. Forza bruta sì, ma mischiata con pezzetti facilmente riconoscibili di gothic, con tanto di voce femminile (‘The Hands That Tied the Noose’). Il che dona al tutto un inaspettato e imprevedibile mood cupo, oscuro e, ovviamente, malinconico (‘God Tongue’). Oltre che moderno, appunto.
Ma oltre all’aspetto puramente artistico non ci si può esimere dal menzionare Alex Hill, vocalist completamente folle, in grado di spingere le harsh vocals là, ove nessuno c’è ancora arrivato, dando l’idea che si scortichi le pareti della gola per farle sanguinare. Ma non solo lui. Joshua Taafe e Billy Morris sono due chitarristi vistosamente spaventosi, dalla preparazione tecnica eccezionale, in grado di passare, per esempio, da terremotanti sequenze di riff dal tono ribassato nonché stoppato dalla tecnica del palm-muting (‘HissThroughRottenTeeth’), a delicati orpelli sparsi qua e là, anch’essi dal sapore gotico ma anche horror (‘Dread Will Follow’). Un horror quasi cinematografico, che si nasconde come un predatore fra le pieghe delle ritmiche.
Di rilevo anche il songwriting. Molto vario, anzi cangiante, si trasforma elegantemente mettendo un abito diverso a seconda della singola canzone. Il risultato ha quasi dell’incredibile, giacché in un progetto ove regna la dissonanza, i singoli brani possiedono un loro appeal, un essere accattivanti benché stretti in una morsa pesante una tonnellata di note disarmoniche che susseguono ora lente, ora più rapide, poi velocissime come nella closing-track ‘..A Cold Static Eulogy’. La loro struttura non-lineare, peraltro, non inficia sul piacere dell’ascolto, pur mantenendo – essa – una complessità non proprio irrisoria.
Ottima sorpresa, i Mélancolia, dato atto che, semplicemente, “HissThroughRottenTeeth” è uno dei full-length più riusciti in ambito deathcore del 2023.
Che i fan non lo lascino nel dimenticatoio…
Daniele “dani66” D’Adamo