Recensione: Hitch A Ride
Departure è il monicker dato da Mike Walsh – chitarrista statunitense che può vantare, nel proprio curriculum professionale, collaborazioni con giganti del rock melodico quali Bon Jovi e Aldo Nova – al suo progetto artistico autonomo, il cui esordio risale al 1998 con un primo, omonimo full-length.
Già il nome della creatura musicale di Walsh – il medesimo di un celeberrimo album dei Journey – la dice lunga circa la cifra stilistica del progetto, naturalmente orientata verso quell’AOR/ melodic rock che vede proprio nella band di Neal Schon uno dei principali portabandiera.
Departure, però, come dimostrato dai successivi lavori (“Open Your Mind” del 1999 e “Corporate Wheel” del 2001) non disdegna influenze di matrice pomp, lasciandosi piacevolmente corrompere da echi di Kansas e Styx.
Oltre un decennio dopo l’ultimo CD, Mike Walsh torna alla carica con un nuovo lavoro griffato Departure, dal titolo “Hitch a Ride” ed in uscita in questi giorni per la label Escape Music.
Quarto album, dunque, e quarto cantante: dietro i microfoni, infatti, troviamo stavolta Andi Kravljaca dei progster svedesi Silent Call, il quale, insieme al conterraneo Martin Kronlund al mixer, aggiunge una patina di nordico rock melodico al sound di Departure.
Il disco parte col botto grazie a “No Where To Go”, brano fulminante, molto devoto ai Journey e caratterizzato da chitarre ad alto tasso di melodia e da un ritornello al quale è impossibile resistere.
Difficilmente l’ascoltatore riuscirà a restare indifferente poi, a “You Don’t Need To This Anymore”, un soft-rock che offre pane per i denti degli appassionati dei suoni dei Journey e dei Toto più vellutati.
E chi cerca ancora sollecitazioni sonore che accarezzino piacevolmente i padiglioni auricolari, ma senza svenevolezze da pop da classifica, può trovare soddisfazione in “Fly”, una ballad emozionante, distesa ed ariosa che a qualcuno potrà ricordare certi Survivor, oppure in “Without You”, altro slow che sembra fare riferimento a John Lennon, quasi un tentativo di creare una “Jealous Guy” in salsa Journey (se ci si perdona l’accostamento ardito e quasi blasfemo), o ancora in “Roses”, semi ballad in cui sia la voce di Andi Kravljaca, sia la sei corde di Walsh danno prova di sopraffina maestria artistica.
“This Is My Time”, dal ritmo sufficientemente sostenuto, e soprattutto l’orecchiabile “LuvSick”, rappresentano, invece, parentesi accattivanti e frizzanti, al pari di “Waiting For Rain To Come”, un brano pop-rock che a qualcuno potrái ricordare certi Loverboy.
L’atmosfera melodica e vaporosa della maggior parte delle tracce fin qui descritte, trova il suo contrappeso nel mood teso e teatrale di “Soldier Of Fortune”, e, soprattutto, nell’hard rock molto USA e molto anni Ottanta di “Travel Through Time” e “Outside Looking In”, tracce più dure che esibiscono, da un lato, riff secchi e taglienti d’ascia e, dall’altro, piacevoli intrusioni di Hammond.
“Hitch a Ride” dei Departure non è, naturalmente, un album rivoluzionario o innovativo, ma rappresenta senza dubbio, grazie al lavoro certosino ed efficace della chitarra – strumento dominante in tutto il disco – e della voce, un approdo sicuro e confortevole per chi ama l’AOR (ma anche il pomp) di alta scuola, riuscendo a trovare un compromesso per certo versi astuto tra il mood storico “ a stelle e strisce” di Journey e Toto da un lato e Bon Jovi dall’altro, con la contemporaneità di certi suoni svedesi, oggi molto “a la page”.
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Line Up:
Mike Walsh: Guitars, Keyboards
Duey Ribestello – Drums
Ryan Walsh – Bass
Andi Kravljaca – Lead Vocals
Tracklist:
01 No Where To Go
02 You Don’t Need To This Anymore
03 Waiting For Rain To Come
04 Soldier Of Fortune
05 LuvSick
06 Roses
07 Travel Through Time
08 Fly
09 This Is My Time
10 Without You
11 Outside Looking In