Recensione: Hives in Decline
Suoni distorti, note emaciate di dolore, poi psichedelia ed atmosfere rarefatte. Condensati in poche righe le sfumature dipinte dagli statunitensi The Ditch and the Delta nel loro primo lavoro in studio.
“Hives in Decline”, così si intitola, quali colori ci propone? Certamente il colore del fango, una pennellata sludge che pastosa si infrange su una tela ruvida, volti distorti dai quali poi anima si libra scevra dal quotidiano peso. Sound sludge, con consuete connotazioni core affonda in cadenze lente, ma mai ripetitive. Cacofonie dilatate, ma non per questo meno complesse negli sviluppi e nei vari contesti di ogni singola traccia. C’è un non so che di stoner rock in taluni approcci, un calore di superficie sotto il quale troviamo delle sabbie mobili in cui i suoni si impantanano inesorabilmente.
Da tutto ciò poi si inerpica l’istinto più alternativo e atmosferico del progetto. Ipnotiche ritmiche che si traducono in passaggi inaspettati, in un tempo che si accartoccia in sé stesso e che poi, di colpo, lascia sprigionare un’anima vibrante. Non troviamo particolari spunti personali, anche se è innegabile l’ispirazione di questi artisti. In effetti ci sono molti tratti in comune con i dogma del genere, ma è altrettanto vero che la miscela e la passione che il progetto infonde sono inconfutabili.
Cosa manca all’icona per diventare davvero “sacra”? Sicuramente quell’ingrediente che tante volte invochiamo sulle nostre recensioni che li faccia risplendere di luce propria. La perizia tecnica, la libertà di espressione e l’anatomia insolita dell’album ci fanno però ben sperare per il futuro. Se sapranno andare oltre, lasciando ancor più libero il proprio lato atmosferico, potrebbero fare il definitivo salto di qualità che li consacrerà nel filone sludge. Ci aspettiamo tanto da questi ragazzi, speriamo non ci deludano.
Stefano “Thiess” Santamaria