Recensione: Hollow Haze
Altra uscita interessante da parte della coraggiosa etichetta italiana My Graveyard Productions che giustamente continua ad alimentare le uscite di casa nostra. Dietro al monicker Hollow Haze vi sono quattro musicisti dal passato illustre. Alla voce troviamo Dan Keying, già con i Cydonia in occasione di due album usciti per la Metal Blade. La chitarra è patrimonio di BB Nick Savio, ascia killer nei White Skull di Tony “Mad” Fontò per ben tre album e un Ep; successivamente passato in band come Broken Arrow e Vicious Mary oltre ad aver collaborato con Jim Petrik dei Survivor e Robin Beck. Alla batteria c’è Paolo Veronese mentre al basso Matt Cingano: entrambi vantano parecchie performance live con diverse band italiane.
Il progetto Hollow Haze nasce nel 2003 e oggi, nel 2006, vede finalmente concretizzare la propria musica su dischetto ottico. Nei loro intenti vi era la coniugazione di più generi: HM, progressive rock e hard rock. Negli undici pezzi proposti ho veramente fatto fatica a trovare qualche chiara incursione in territorio progressive, il loro debutto in realtà è un disco di hard rock in chiave evoluta, con inserti corali abbastanza interessanti qua e là ma che mancano di quel qualcosa che faccia veramente decollare il tutto. La potenza e la cattiveria: questo è quello che fa difetto a Hollow Haze.
La chitarra assassina di Savio dei tempi d’oro sembra essersi smarrita e anche il resto della band non osa mai oltre il lecito. I brani che comunque convincono risultano essere Final Contest, Easy Road, Waiting e Near the End ma è troppo poco per musicisti come Keying & Co. dai quali è giusto pretendere di più.
Di tempo per far meglio sicuramente ce n’è, Hollow Haze in fin dei conti è un disco di debutto e serve per tastare un poco il terreno nel mercato di oggi: guardiamo quindi con fiducia al futuro e i Nostri sono sicuro che ci riserveranno parecchie sorprese.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
