Recensione: Hommage Symphonique

Di Riccardo Angelini - 28 Marzo 2007 - 0:00
Hommage Symphonique
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2007
Nazione:
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75

Tempo di tributo ai padri per Erik Norlander. A breve distanza dal DVD “Live in St. Petersburg” e in perfetta sincronia con la raccolta di cover della dolce metà, l’ugola d’oro Lana Lane, l’asso delle tastiere riesce oggi a concretizzare un progetto a lungo rimandato. “Hommage Symphonique”, omaggio sinfonico ai suoi primi amori musicali, getta le sue reti nel vasto mare di band che a cavallo tra fine ‘60 e inizio ‘70 hanno fatto la storia del progressive rock. Invece che affidarsi ai cavalli di battaglia più famosi (o abusati), Erik decide di puntare prevalentemente sulle – chiamiamole così – seconde linee… ma che seconde linee! La scelta dei pezzi si dimostra oculata e vincente, ripescando autentiche gemme che nelle sue mani risplendono di rinnovata vitalità.

Squillo di trombe: si parte con la maestosa “Conquistador” dei pionieri Procul Harum. L’arrangiamento riesce qui nella proibitiva impresa di rendere attuale il sound di un brano che sul finire dei sixties apriva le porte a tutto un nuovo mondo di intendere il rock, senza tuttavia smarrire il fascino dell’originale. Per nulla da meno la riproposizione di “Sir Lancelot and the Black Knight”, eredità della fruttuosa carriera solista di Rick Wakeman. Stavolta nella disfida tra chitarre e tastiere prendono vita i duelli tra i cavalieri di Albione, in un affresco d’altri tempi impreziosito da backing vocals più che mai evocative e da un mood orchestrale di grande impatto.
Azzeccatissima anche la riproposizione di “Turn of the Century” degli Yes (l’originale è di “Going to the One”): colpiscono in particolare i cori, in cui sembra quasi di poter risentire l’eco del miglior Jon Anderson. Norlander si ritaglia qui un ruolo da protagonista, dando prova di sensibilità fuori dal comune con una prestazione composta ma altresì ammaliante ai tasti d’avorio.
“Pirates” si rivela com’era prevedibile uno dei passaggi più impegnativi del disco: riproporre un brano di Emerson Lake & Palmer si conferma un’impresa titanica, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche per quel feeling unico che solo quel trio di rivoluzionari del rock sapeva infondere negli strumenti. Erik resta comunque coerente con se stesso e ne offre un’interpretazione piuttosto personale, ricostruendo l’eccentricità delle melodie secondo il proprio caratteristico sound arioso e vitale. Si può dire che l’esperimento sia da ultimo coronato da successo, anche se i fan più intransigenti potrebbero storcere un po’ il naso. C’è spazio anche per una veloce puntata nel prog/folk dei Jethro Tull. L’interpretazione in chiave orchestrale di “Clasp” rende il pezzo enfatico e avvolgente, dando pieno risalto ai suoi accenti più tipicamente folk. Nell’arrangiamento va disperso il peculiare profumo di anni ‘80 che impregnava le ritmiche dell’originale, la qual cosa non deve comunque essere considerata per forza negativamente. Al contrario, in questo caso il brano guadagna qualche ulteriore punto, e pur senza risultare appariscente quanto i precedenti riesce ad amalgamarsi in modo ottimale al resto della tracklist. In mezzo a tanta sinfonia, non poteva mancare un tuffo nella produzione della Electric Light Orchestra. L’arrangiamento di “Ocean Beakup/King of the Universe” ne accentua gli elementi progressive e psichedelici, con le orchestrazioni che conquistano la scena nell’apertura e al momento del refrain.
Inatteso, estemporaneo e forse proprio per questo ancor più apprezzabile l’excursus in territori jazz della spagnoleggiante “Children of Sanchez Overture”, tratta dal repertorio del trombettista Chuck Mangione (noto ai più per la celeberrima “Feels So Good”). Le difficoltà di traduzione del pezzo in un linguaggio consono allo stile di Norlander sono di nuove elevate, ma pur con una certa comprensibile difficoltà la tastiera riesce da ultimo a trovare una propria dimensione accanto al trombone. La chiusura è affidata a “Starless”, masterpiece dei King Crimson di “Red” e apogeo di “Hommage Symphonique”. Il suo fine romanticismo chiude le danze con una nota piacevolmente retrò, senza peraltro troncare in modo troppo brusco il collegamento con la precedente parentesi jazz.

Contariamente a ciò che potrebbe pensarsi, la nuova fatica di Norlander non è affatto il solito collage di cover più o meno raffazzonato, messo insieme in quattro e quattr’otto tanto per arrotondare gli incassi nell’attesa di un nuovo disco da studio. “Hommage Symphonique” si attesta infatti a livelli di qualità di tutto rispetto, dimostrando di valere tutto il prezzo del biglietto. Per gli affezionati un appuntamento da non perdere, per gli ultimi arrivati un’opportunità di familiarizzare con un musicista di prima classe, per tutti l’occasione di riscoprire qualche classico per così dire perduto negli anni d’oro del progressive rock, reinterpretato in chiave garbatamente attuale.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1. Conquistador  [4:08] (Procol Harum)
2. Sir Lancelot and the Black Knight [7:20] (Rick Wakeman)
3. Turn of the Century [7:38] (Yes)
4. Pirates [13:32] (Emerson, Lake & Palmer)
5. Clasp [4:51] (Jethro Tull)
6. King of the Universe [7:09] (Electric Light Orchestra)
7. Children of Sanchez Overture [9:24] (Chuck Mangione)
8. Starless [12:04] (King Crimson)

Line-up:
Erik Norlander: keyboards
Kelly Keeling: vocals
Gregg Bissonette: drums
Don Schiff: NS/Stick, bowed guitar, contrabass

with:
Mark McCrite: guitars
David Schiff : woodwinds
Mike Alvarez: celli
Jon Papenbrook: trumpets, flugelhorns
Eric Jorgensen: trombones

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