Recensione: Horror Vacui
Le coste del Mar Baltico, sulle quali frangono onde maestose e gelide, appaiono quasi nere, nella loro apparente assenza di vita. Su di esse, nella Storia, sono terminati viaggi ardimentosi, spesso con la morte dei protagonisti. Eroici epigoni di storie leggendarie, tramandate da navigatore a navigatore. Freddo e fame, da sempre, non lasciano scampo. Tuttavia, dalla morte nasce la vita, e, anche in quelle lande desolate, qualcosa, ogni tanto, tradisce l’incessante opera rinnovatrice della natura.
I Marianas Rest, finlandesi, queste leggende le hanno nel sangue, nel DNA, nella memoria. Le percepiscono, le sentono, le vivono. E, quando la grazia della musica giunge loro in aiuto, le restituiscono in brividi, emozioni, sentimenti, lacrime. Attraverso lo strumento della loro arte. Attraverso le song di un full-length. Come “Horror Vacui”, il loro debutto. Il terrore del vuoto. Quel vuoto che si annida nelle molecole d’acqua salata che roteano, apparentemente vivaci, a disegnare le onde che si frangono incessantemente sulla riva. Vuoto simile a quello che si ritrova nello Spazio.
E, difatti, per dipingere quanto più realisticamente lo strazio di chi si trova alla deriva, irrimediabilmente perduto nella sterminata distesa d’acqua, fra un brano e l’altro del platter si odono gli ultimi aneliti di vita dell’astronauta Roger McMillan dell’US Glory, protagonista dell’audio-dramma di Jaxon Combs intitolato “The Final Breaths of Astronaut Roger McMillan on the US Glory”. Finzione che, però, si adatta come una seconda pelle ai drammi di mare. E che ne risvegliano le sopite sofferenze, le innumerevoli tragedie, le infinite storie a funesto fine.
Tornando ai Nostri, per loro stessa affermazione lo stile di “Horror Vacui” deve chiamarsi melancholic death metal. Fra le tante auto-definizioni bislacche che molte formazioni amano coniare, però, questa è centrata al 100%. La base, l’idea, l’anima è il melodic death metal. Non quello svedese. Assolutamente. Troppo catchy e allegro. No. I Marianas Rest sono fedeli alla new wave del finnish death metal che, in Finlandia, per l’appunto, sta regalando opere qualitativamente eccelse da parte di gente come Insomium, Omnium Gatherum, Mors Principium Est.
Death mai veloce, allora, ma potente, imperioso, titanico, profondo e, soprattutto, dal mood infinitamente triste. Una tristezza che taglia la carne per andare ad accarezzare il cuore, facendolo così singhiozzare. Le melodie impiantate dai Marianas Rest in “Horror Vacui” trasportano chi ascolta direttamente lì, ove l’onda trova la terra. Per respirare la salsedine, per aver timore del nulla. Per percepire i propri peli rizzarsi sulla pelle quando passano, come battelli solitari all’orizzonte, canzoni straordinarie, magnifiche, gigantesche. Il capolavoro assoluto ‘For the Heartless’, in primis, talmente visionario e trasognante da scatenare mistiche trasvolate della mente. Dove? Chissà… nel luogo ove ciascuno vorrebbe essere… scisso in una miriade luccicante di particelle, disperso nell’oceano.
Ripetere un brano come ‘For the Heartless’ è impossibile, talmente è accoccolato su livelli d’armonia incommensurabilmente elevati e, difatti, gli altri brani di “Horror Vacui”, di questo, ne soffrono un po’, soffocati da sì tanta poesia. Occorre, allora, avvicinarsi ad altri grandi episodi come ‘A Lonely Place to Die’ lasciandosi andare ugualmente, scivolando nelle maree di quel mare che sfiora il Circolo Polare Artico. Solo così, abbandonandosi alla ciclicità e monotonia sublime del moto ondoso, si potrà godere delle sensazioni che, in toto, sprigiona “Horror Vacui”.
Vorrei volare, forte, libero e felice come un gabbiano,
ad ali spiegate, veloce, radente il mare,
per perdermi, finalmente, nella direzione cui tramonta il sole.
E, lì, sparire, per poi morire.
Daniele D’Adamo