Recensione: Hosannas From The Basement Of Hell

Di Fabio Vellata - 10 Luglio 2006 - 0:00
Hosannas From The Basement Of Hell
Band: Killing Joke
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
85

Breve fuga dai territori tradizionali a cui questa webzine è dedicata, per rendere il necessario omaggio ad una delle più influenti, geniali ed affascinanti band mai apparse sul pianeta terra (e forse anche oltre), da qualche mese presente sul mercato con una nuova prova da studio dall’ironico titolo di “Hosannas From The Basement Of Hell”, davvero interessantissima e meritevole di grandissima attenzione.

PREMESSA

Come già detto qualche tempo fa in occasione del commento all’ultimo album dei Fields of The Nephilim, altra straordinaria realtà musicale della terra d’albione e di origini altrettanto antiche, anzitutto è doverosa una premessa relativa alla valenza “storica” di una band leggendaria e seminale come i Killing Joke.
Ebbene, esistono entità che non rientrano in categorie definite o in sottogeneri specifici, esistono gruppi che non potranno mai dirsi “influenzati” da qualcuno, o portatori di idee prese in prestito da altri, in quanto creatori essi stessi di quella specificità che li caratterizza, padroni incontrastabili di un genere che hanno costruito e letteralmente “assemblato” pezzo per pezzo in anni di militanza e ferrea fiducia nelle proprie convinzioni.
Innumerevoli sono le band che sono state attratte dalla grandiosità della musica di Jaz Coleman e soci; Ministry, Nine Inch Nails, Fear Factory, Strapping Young Lad, Neurosis e chiunque abbia avuto il minimo approccio di sentore industriale o gotico, ha dovuto fare i conti con l’ingombrante totem rappresentato dallo “scherzo che uccide”, pagando dazio alla sua straordinaria inventiva e capacità di espressione.
Anni fa un autorevole giornalista scrisse su di una nota testata del settore che l’80% delle cose che oggi girano nel nostro stereo derivano da Led Zeppelin, Beatles e Killing Joke… difficile in fondo dargli torto…

LA STORIA

Il gruppo si costituisce nel 1979 e vede in formazione Jaz Coleman alla voce, Geordie Walker alla chitarra, Martin Glover al basso e Paul Ferguson alla batteria. La band così formata da vita in prima battuta ad una serie di singoli ed album fortemente influenzati dai toni dark più oscuri e gelidamente notturni, frammisti a ritmi tribali e sonorità meccanicamente ossessive su cui si staglia la voce lacerante e drammatica di Coleman (ricordiamo l’omonimo “Killing Joke”, “What’s This For”, “Revelations” e “Fire Dances”); forti di questi stilemi i Killing Joke si rendono protagonisti di un primo periodo musicale caratterizzato da un oltranzismo sonoro al limite dell’underground, basato su di una rielaborazione del tutto propria di canoni derivanti dalla new wave, imbastarditi dalla veemenza punk più violenta ed intransigente ed arricchiti da testi filosoficamente pessimistici ed apocalittici.
La svolta melodica si avverte qualche anno più tardi, con “Night Time”, platter che porterà i Joke verso lidi più sofisticati ed epurati dalla durezza in auge sino al precedente lavoro, a cui faranno seguito prodotti maggiormente accessibili dai titoli di “Brighter Than A Thousand Suns” , “Outside The Gates”, “Extremities, Dirt & Various Repressed Emotions”, “Pandemonium” e “Democracy”, volti ad offrire uno stile meno estremo rispetto alle origini, pur conservando intatte le prerogative a livello di personalità e coerenza stilistica da sempre trademark del gruppo.
Rimasti nell’oblio per sette lunghi anni, da “Democracy” edito nel 1996, Coleman e compagni fanno in seguito la loro ricomparsa qualche anno fa, precisamente nel 2003, portando alla luce un cd intitolato, come la prima fatica, semplicemente “Killing Joke”, quasi a voler suggellare la nascita di una nuova epoca, fatta di tradizione rimembrante i fasti del passato, mescolata ad approcci più modernamente diretti e ruvidi, sempre supportati dalla delirante voce del singer e da tematiche oscure dai contorni decadenti e claustrofobici. Il risultato è un gioiello di grandissimo valore, che poggia la propria grandezza su brani spettacolari come “Implant” ed “Asteroid”, autentiche perle in grado di esaltare e far sobbalzare al primo ascolto.
Il resto è storia recente ed ha come titolo “Hosannas From The Basement Of Hell”.

IL DISCO

Ed eccoci così giunti al commento della nuova opera di Jaz Coleman e Geordie Walker, membri originari del gruppo e protagonisti assoluti della parabola musicale dei Killing Joke.
“Hosannas From The Basement Of Hell” si presenta come una miscela ben bilanciata di “vecchio” e “nuovo”, recando in sé aspetti mutuabili sia dal primo periodo che dalle epoche più recenti.
Impossibile non notare il tipo di suono prescelto, come un tempo scarno, diretto e gelidamente chirurgico. Il songwriting invece richiama epoche più recenti e ricalca uno stile fatto di brani molto lunghi ed ipnotici, dai ritmi talora tribali e dall’incedere vagamente ritualistico e meccanico.
Non mancano i riferimenti anche al precedente omonimo del 2003: “Lightbringer” si presenta infatti come una sorta di “Implant” più lunga e dilatata, sebbene meno violenta ed irruente.
Il disco si apre con “The Tribal Antidote”: lo sferragliare della chitarra di Walker è immediato strumento di chirurgica freddezza, la voce di Coleman, al solito declamatoria, segue una trama già dai risvolti ipnotici e martellanti. La successiva title track è invece l’effettivo portale di accesso verso le nuove visioni di apocalisse incombente del gruppo albionico: pervasa da atmosfere decadenti e claustrofobiche, alterna parti plumbee e da catastrofe prossima ad un ritornello “aperto” e quasi solare in un contrasto del tutto atipico e spiazzante. Gli archi troneggiano in “Invocation”, lungo brano dall’incedere teatrale e maestoso basato su di una melodia orientaleggiante, a cui fanno da contraltare i soliti riffs di Walker e un lavoro di percussioni monumentale (ad opera del bravissimo Ben Calvert, chiamato a rimpiazzare Dave Grohl, autore delle straordinarie parti di batteria del precedente lavoro). “Implosion” riporta i toni su stilemi più diretti ed urgenti, con la chitarra intenta a tessere il caratteristico rifferama di grande efficacia e la classica apertura melodica in occasione del ritornello; “Majestic” ha poi un retrogusto maggiormente “tecnologico” e modernista e gode di una interpretazione vocale a a dir poco efficace.
Segue infine il lotto migliore di brani, costituito da “Walking With Gods”, una motrice in costante movimento dall’incedere pachidermico ed inarrestabile, impregnata da toni apocalittici e spettrali; la fragorosa “Lightbringer”, fucilata in pieno volto che si snoda con movenze da implacabile predatore notturno; la altrettanto letale “Judas Goat”, affilata e tagliente come un rasoio, e la conclusiva “Gratitude”, ancora una volta sferragliante e “pachidermica”, lenta, ipnotica e fortemente pervasa da sensazioni plumbee: caratteristico il ritornello, in grado di conferire un aura di incredibile e maestosa oscurità, squarciata da occasionali raggi di luce in un cielo autunnale carico di presagi.

CONCLUSIONI

Chiunque abbia avuto la pazienza di leggere questa lunga recensione avrà di certo coscienza (o quantomeno avrà intuito) del valore e della portata storica di una band come i Killing Joke, da sempre portabandiera di uno stile proprio ed inconfondibile che non ha paragoni nel mondo musicale odierno. Jaz Coleman, Geordie Walker, Paul Raven (membri storici) ed il nuovo arrivato Ben Calvert sono dunque i protagonisti di un nuovo capitolo della carriera di questo impareggiabile gruppo, come sempre basato su di un approccio fedele alla propria fama di originalità e forza espressiva, dai ritmi ritualistici ed ipnotizzanti eseguiti in una sorta di catarsi quasi mistica e metafisica. “Hosannas From The Basement Of Hell” non è altro che il proseguimento di una brillante storia iniziata più di venticinque anni fa, costellata da grandi intuizioni e straordinaria potenza immaginifica.
Un lavoro in pieno stile Killing Joke, non proprio accessibile nel senso stretto del termine, ruvido, talora ermetico ma al tempo stesso esaltante e ricco di un fascino ancestrale ed inafferrabile, imbevuto di tutti quegli elementi che hanno contribuito a rendere questo nome una sorta di mito intoccabile non solo in campo heavy, ma più in generale della musica nel senso più ampio ed esteso.
Senza dubbio meno diretta del suo predecessore, che basava quasi tutto sull’impatto, ma in ugual misura attraente e ricca di spunti interessanti, la nuova fatica di mister Coleman è un prodotto da segnare a matita rossa nella lista della spesa non solo dei fans accaniti, ma anche di tutti coloro da sempre alla ricerca di forme espressive al di la di qualsiasi schema preconfezionato ed intese come arte nel vero senso del termine. Un mito immortale.

Line Up:

Jaz Coleman – Voce
Geordie Walker – Chitarra
Paul Raven – Basso
Ben Calvert – Batteria

Tracklist:

01. The Tribal Antidote
02. Hosannas From The Basement Of Hell
03. Invocation
04. Implosion
05. Majestic
06. Walking With Gods
07. The Lightbringer
08. Judas Goat
09. Gratitude

Ultimi album di Killing Joke