Recensione: House of Lords
Greg Giuffria inizia la sua carriera musicale negli Angel negli anni settanta. A metà degli ottanta decide di formare una band che porti il suo nome, Giuffria appunto, dove è dedito a sonorità che spaziano da un maturo Hard Rock ad un raffinato AOR. Con i Giuffria Greg incide due album: l’ omonimo del 1984 e Silk + Steel del 1986 considerato da molti una delle vette del pomp hard rock/aor di quel periodo. Purtroppo i riscontri commerciali non furono dei migliori e il tastierista decise di formare un nuovo gruppo che prende il nome di House of Lords e che debutta su disco nel 1988.
L ‘album segue la scia delle precedenti produzioni Giuffria ma risulta meno incentrato sulle tastiere e più sulla chitarra di Lenny Cordola così da dare un suono piu metallico e graffiante al disco. La voce di James Christian ben si muove e per tutta la durata del lavoro risultando melodica e graffiante lì dove più occorre.
Il primo brano è “Pleasure Palace” che, caraterrizato da un bel solo di tastiere iniziale, è intendo ad esplodere in pezzo athemico e ben realizzato all’insegna del più struggente melodic hard rock. Si prosegue con “I Wanna a Be Loved” dove la band ci offre una canzone perfetta in linea con i migliori Bon Jovi. Il successivo brano è “Edge of Your Life” canzone pomp dove Christian è intento a sfoderare una prestazione vocale assolutamente impeccabile quanto travolgente.
Siamo sul puro hard rock invece con la successiva “Lookin’ for Strange” che lascia spazio alla ballad del disco: la stupenda ed appassionante “Love Don’t lie” (scritta da Stan Bush e già incisa su un suo album) .
Ancora tastiere barocche per “Slip on the tongue”, tastiere che ricordano non poco gli eroi Asia di cui sicuramente Greg era un grandissimo estimatore.
Si continua alla grande con la bellissima “Hearts of the World”: che spettacolo ragazzi. Questa canzone, corale e riuscitissima, è un’arena anthem impressionante e scritta sicuramente per travolgere le platee accorse ad osannare i Giuffria in sede live. Si prosegue con “Under Blues Skyes” e “Call My Name” che presentano ancora una volta una grandissima band dedita ad un Hard Rock strizzante l’occhio all’Aor più granitico. Si conclude il lavoro con un altro grande pezzo: “Jealous Heart”, canzone melodica e affascinante che si fa apprezzare grazie al suon ottimo ritornello.
Sicuramente l’ esordi di questa band e da annoverare tra gli album classici dell Hard Rock e dell AOR degli anni 80.
Da riscoprire.
Dokken83