Recensione: How To Measure A Planet?
Più che “How To Measure A Planet?”, intitolerei quest’album “L’incompreso”. Poveretto, quante critiche ha dovuto subire, quanti pregiudizi lo hanno stroncato sul nascere senza concedergli il tempo necessario per poter crescere e svilupparsi nell’intimo di ogni ascoltatore. L’aggettivo ricorrente che da sempre mi suggerisce l’ascolto di “H.T.M.A.P.?” è coraggioso. Coraggioso perché diverso dai predecessori. Coraggioso perché sarebbe stato semplice guadagnarci qualcosa seguendo il trend Gothic Metal da loro stessi creato. Coraggioso perché in pochi avrebbero corso il rischio di creare un doppio cd capace di impaurire gli ascoltatori meno preparati e che portò al primo grande scontro tra la Century Media ed i Gathering.
Una cosa è certa, “H.T.M.A.P.?” è il principio della terza metamorfosi stilistica del gruppo, quella che gli vede allontanarsi dall’ormai inflazionato Gothic Metal, per spingersi oltre. Oltre i confini del Metal, quelle colonne d’Ercole che tanto impauriscono i “paraocchiati” difensori del verbo Metal. I cinque olandesi (Jelmer Wiersma abbandonò la ciurma al termine del tour di “Nighttime Birds”) fregandosene di tutti, salgono a bordo del loro nuovo mezzo, il Trip-Rock (una sorta di fusione tra la base ritmica del Trip-Hop ed il Rock elegante e soffuso dei Gathering) e partono alla conquista di nuovi territori. Un viaggio che gli porterà ad arricchire la propria musica di nuovi elementi: dalle liquide atmosfere dei Pink Floyd; alla nuova generazione Pop-Progressive guidata dai Radiohead di “Ok Computer”; sino ad arrivare, in maniera ancora marginale, alle pulsazioni ritmiche dei Massive Attack.
Quello che i fans di vecchia data non perdonarono, fu l’assenza (salvo i casi di “Liberty Bell” e “Probably Built In The Fifties”) della vivacità ed elettricità presenti nei lavori precedenti. Tanto che molti etichettarono l’album come commerciale, peccato fosse esattamente l’opposto.
L’intenzione dei Gathering era un’altra. In questo lavoro vollero a loro modo rappresentare il silenzio, la serenità e tutto ciò che ne consegue. Un’impresa riuscita in pieno grazie anche al lavoro grafico e testuale improntato principalmente sul tema del viaggio, fisico o mentale che sia e che logicamente ne richiedeva un’adeguata trasposizione in musica.
Canzoni intense e di spessore come “Frail (you might as well be me)”, “Great Ocean Road”, “My Electricity”, l’incredibile finale in crescendo di “Travel” dal primo cd o “Illuminating” e “Probably Built In The Fifties” dal secondo, non possono essere liquidate con due ascolti superficiali. La prestazione di ogni singolo musicista è ai massimi livelli. Gli arrangiamenti superbi, dimostrano ancora una volta che posizionare la nota giusta al momento giusto è qualità per pochi eletti. Senza dimenticarci di Anneke, decisa più che mai a limitare le “urla” (parole sue!) del passato e dedicarsi maggiormente all’interpretazione ed al risultato globale e non più individuale del brano.
Ma allora perché “H.T.M.A.P.?” si rivelò un flop commerciale?
I motivi sono numerosi: l’indifferenza da parte dell’etichetta; l’aver “tradito” i fans evolvendo la proposta musicale. Ma a mio parere il principale resta uno. Al giorno d’oggi album intimisti e poco diretti come questi, mettono quasi paura. Sono in pochi infatti a prendersi il lusso di spendere tempo ed energie per un album che non sia solo sottofondo musicale e che ti costringe a smettere di fare e pensare ad altro.
Però ogni tanto è bello togliersi di dosso la corazza e gli occhiali bicolore ed assaporare la leggerezza e la moltitudine di colori che opere come “H.T.M.A.P.?” riescono a creare. Chiudete gli occhi, il “trip” va a cominciare…….
Carlo “Carma1977” Masu
Tracklist:
cd1
1. Frail (you might as well be me)
2. Great Ocean Road
3. Rescue Me
4. My Electricity
5. Liberty Bell
6. Red Is A Slow Colour
7. The Big Sleep
8. Marooned
9. Travel
cd2
1. South American Ghost Ride
2. Illuminating
3. Locked Away
4. Probably Built In The Fifties
5. How To Measure A Planet?