Recensione: Hrimthursum
Gelido, epico, entusiasmante. Solo così si possono esprimere le prime
impressioni su un come-back tanto inatteso quanto quello dei Necrophobic,
gruppo che mai ha raccolto quanto effettivamente meritato.
Una carriera vissuta ai margini della scena che conta, o che contava, con
preferenze stilistiche spesso ondivaghe: come dimenticare le differenze che
intercorrevano tra il debut The Nocturnal Silence e l’ottimo Darkside,
album con cui sarebbero dovuti uscire dalle ombre dell’underground? La band si
è poi persa, dopo quell’apice, tra problemi contrattuali ed indecisioni
compositive fatali (pensiamo ai non certo ottimi The Third Antichrist
e Bloodhymns), fatali soprattutto al morale della truppa, che
pareva ormai definitivamente naufragata nel mare magnum delle uscite odierne; e
più o meno a sorpresa, grazie al supporto della quasi infallibile Regain,
Tobias Sidegård e soci riemergono dal buio con questo Hrimthursum,
vero e proprio compendio di metal estremo old fashioned (sì, ormai l’old
fashion comprende anche gli anni ’90, stiamo invecchiando tutti…),
sincero, appassionato.
Come per il proverbiale maiale, anche per quest’album non si butta via
assolutamente nulla: e se le aspre vocals – quasi thrasheggianti, in verità
– di Tobias vi spiazzeranno ad un primo ascolto, date loro una chance e godetevi
sino in fondo le atmosfere che la band riesce a creare in brani come la
cadenzata, funerea Age Of Chaos, con i suoi cori
che-più-retrò-non-si-può, o in Sitra Ahra, che risente di vibrazioni
note solo ai fan di band scolpite nella memoria storica come gli Unanimated,
grazie anche ad arrangiamenti che si compenetrano con momenti acustici di
cristallina bellezza.
Non sono questi episodi isolati, appunto, ma fibre di un tessuto compatto e
tuttavia variegato, senza una sola smagliatura: i Necrophobic
sembrano aver condensato tutta quella classe compositiva che parevano diluire
nel tempo nel pugno di canzoni contenute in questo dischetto, quasi fossero
stati toccati dal vento magico dell’ispirazione tutto d’un tratto. Non
facciamocelo quindi scappare Hrimthursum,
vero e proprio capitolo spontaneo di un movimento che sembrava morto e sepolto: quello
del viscerale, bastardo, gelido black/death svedese, che in tanti (che magari
allora non c’erano) oggi piangono.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. The Slaughter of Baby Jesus
2. Blinded by Light, Enlightened by Darkness
3. I Strike with Wrath
4. Age of Chaos
5. Bloodshed Eyes
6. The Crossing
7. Eternal Winter
8. Death Immaculate
9. Sitra Ahra
10. Serpents (Beneath the Forest of the Dead)
11. Black Hate
12. Hrimthursum