Recensione: Humanarchy
‘Humanarchy’ è il sesto album degli svedesi Denied, disponibile dal 24 giugno 2022 attraverso Sweea Records.
Dopo vari rimaneggiamenti, la band si è stabilizzata dal 2018, anno in cui sono entrati nella squadra Fredrik Thörnblom al Basso e Søren Adamsen al canto.
Con questa formazione la band dimostra parecchia concretezza, a partire dal buon ‘Freedom of Speech’ dello stesso anno, proseguendo poi con il validissimo ‘The Decade of Disruption’ del 2020 e ora con questo ‘Humanarchy’.
Ecco… qui nascono i miei problemi. Questo lavoro mi è piaciuto talmente tanto che ogni mia oggettività è andata a farsi benedire (dovrei usare termini più forti, ma le nostre recensioni vengono lette anche in fascia protetta).
E’ un Full-Length che mi è entrato subito sotto la pelle, con la stessa immediatezza dei primi album Hard Rock ed Heavy Metal che ho iniziato ad ascoltare eoni fa.
Dell’alta capacità tecnica del quintetto ne ho già fatto menzione nella recensione del già vitato ‘The Decade of Disruption’ (che potete leggere qui). Dopo due anni questa non è di certo diminuita (… e quando mai può succedere con gli artisti scandinavi …).
Non c’è un brano che non mi piaccia o che reputi riempitivo o inutile … i Denied, con ‘Humanarchy’, non solo sono riusciti a fare un gran lavoro, ma hanno anche dimostrato di avere parecchia cultura, competenza e classe.
Cultura: il loro è uno stile che aggredisce con precisione chirurgica, attuale, pur se fonde le basi dell’Heavy classico con le melodie del Power e carico della giusta attitudine Thrash.
Competenza: il tutto viene messo in un frullatore, amalgamato ben bene e servito caldo durante una notte nera e fumosa, elemento che ci ammanta durante l’ascolto dalla prima all’ultima nota.
Ed infine la classe: pescare da più generi (le influenze, che i nostri non nascondono, spaziano da Sua Maesta Ronnie James Dio ai Blind Guardian ed agli Edguy) dando vita ad un proprio stile tagliente ed al contempo pesante che possiamo chiamare solo “Heavy Metal suonato alla grande”.
Il risultato sono ritmiche corpose e sofisticate, gran voce, assoli di pregio, con la perenne presenza di tastiere avvolgenti che prendono evidenza quando serve (nelle parti Power e d’atmosfera, essenzialmente) ed un songwriting vario, privo di ogni noia, questo è ‘Humanarchy’.
La partenza è affidata a ‘Divided’, pezzo da palco che trasmette la giusta scarica adrenalinica, dotato di un tiro fulmineo che unisce strofe Thrash con ritornelli Power. Segue ‘Death by a 1000 Cuts’, orecchiabile, che mette di buon umore inchiodandosi in testa come un tassello ad espansione (un buon singolo, in pratica). Poi c’è la title track, un tempo medio greve e dai tratti evocativi.
Cosa può seguire dopo se non una ballad e poi ancora un pezzo iper veloce? Ed ecco ‘Don’t Cross the Line’ e ‘Flesh Made God’ che rispecchiano le aspettative.
Forse la scaletta è un po’ scontata, ma è quella più adatta per mantenere sempre vivo l’interesse, considerato che, come detto sopra, i pezzi sono tutti di qualità (compreso le ultime tre canzoni non citate) e non c’è un filler neanche a pagarlo.
Mi scuso con i lettori per essermi lasciato un po’ trasportare, ma quando un album ‘prende’ fa quest’effetto. Non ci resta che chiudere consigliandone l’ascolto.
‘Humanarchy’ è stato registrato presso i Darkcellar Studios, mixato e masterizzata nei Chrome Studios di Stoccolma con Fredrik Folkare (Unleashed, Firespawn), tranne le parti vocali, che sono state registrate ai Medley Studios di Copenhagen e prodotte da Soren Andersen (Glenn Hughes Band).