Recensione: Hungryheart
Hanno tutte le carte in regola per piacere agli appassionati di rock melodico gli Hungryheart, interessante realtà hard di casa nostra, attiva sin dal 1997 che, in virtù del gradevolissimo omonimo album d’esordio, mette a segno un colpo di buon valore e successo.
Suoni chiari e discretamente profondi, ritmi freschi, veloci ed incalzanti, debitori (come da tradizione ormai consolidatissima) dei soliti, immancabili, eighties, la dicono lunga sull’orientamento del combo tricolore, lasciando pochi dubbi su quelli che possono essere annoverati come punti di riferimento e termini di paragone principali.
Il Bon Jovi dell’epoca d’oro, Danger Danger, Whitesnake, Bad English e Giant, sono i nomi che meglio si prestano nel descrivere nel complesso la proposta, perpetuamente ancorata alla tradizione melodica che contempla un sapiente dosaggio tra sventagliate elettriche e spruzzate di zuccheroso romanticismo dall’evidente richiamo AOR.
La voglia di divertire appare manifesta sin da subito grazie a brani quali “Rock City”, “Stealing The Night” e “The Only One”, eloquenti sin dal titolo e forieri delle classiche sensazioni solari e positive tipiche dell’hard rock più spensierato e scorrevole.
Non mancano come naturale, le canoniche sfumature “dolci” da sempre patrimonio imprescindibile di questo tipo di sonorità e legate indissolubilmente all’immagine di “rock dal cuore tenero”. “Hang On To Me” e “Shadows” mettono in luce i risvolti più edulcorati e morbidi della proposta, ben interpretate peraltro, dal bravo singer Josh Zighetti, decisamente a proprio agio su toni che non viaggiano troppo distanti da quanto brillantemente realizzato una ventina d’anni fa dal già citato Bon Jovi.
Menzione d’obbligo inoltre, per il lotto conclusivo di tracce, definitiva esemplificazione della bravura del gruppo lombardo. La blueseggiante “Hard Lovin’ Woman”, di concerto con le scattanti e cadenzate “Breath Away” e “It Takes Two”, garantiscono calore e buone melodie, disposte su di un songwriting piuttosto maturo e ben congeniato, che tuttavia risulta sempre devoto alla più totale e coinvolgente scorrevolezza.
Chiude l’interessante debutto, la cover di Michael Bolton (che non tutti sanno essere stato un autentico AOR Hero ad inizio carriera) intitolata “Gina”, ulteriore chiarimento della direzione stilistica cara al gruppo italico.
Bravi a livello strumentale (notevole Mario Percudani alla sei corde, responsabile anche del lavoro al mixer), ben prodotti ed in possesso di doti compositive di tutto rispetto sebbene ancora migliorabili, gli Hungryheart confezionano un debutto veramente piacevole e d’ottima sostanza, offrendoci quello che, insieme alla conferma dei Myland, appare come uno dei capitoli migliori della scena melodica tricolore in questo 2008.
Capacità, valori e buona tecnica.
Elementi che, qualora ribaditi nel prossimo futuro, potrebbero garantire grandi soddisfazioni e molti applausi a questa pregevolissima band di casa nostra.
Tracklist:
01. Rock City
02. Stealing The Night
03. River Of Soul
04. Hang On To Me
05. The Only One
06. Innocent Tears
07. Shadows
08. Hard Lovin’ Woman
09. Breath Away
10. It Takes Two
11. Gina
Line Up:
Josh Zighetti – Voce
Mario Percudani – Chitarra / Back. Voc
Lele Meola – Basso
Emilio “Pingo” Sobacchi – Batteria