Recensione: Hurricane
Un disco genuino e spensierato questo “Hurricane”, terzo traguardo discografico orgogliosamente raggiunto dai britannici The Jokers.
Un suono Rock, mai particolarmente potente ma efficace e soprattutto modellato dalla bravura di Tom Size (produttore noto per aver lavorato con nomi storici quali Aerosmith, Mr. Big e Huey Lewis fra gli altri), caratterizza l’anima di questa release, la quale si dipana nel corso di dodici tracce tecnicamente ben realizzate, per poco più di quaranta minuti totali di musica.
A dispetto di qualsiasi aspettativa per un disco che porta impresso sulla (divertente) copertina un titolo potente come quello proposto dal quartetto inglese, le prime battute dell’opera sono scandite dalla controllata ed orecchiabile “Run 4 Cover”, simpatica opener farcita dal cesellato lavoro chitarristico svolto dall’abile Paul Hurst, il quale accompagna le allegre e vagamente beatlesiane melodie vocali condotte da Wane Parry, singer in possesso di una timbrica graffiante ed incisiva, per un primo impatto piuttosto convincente.
La semplicità compositiva sfoggiata nel corso della traccia appena ascoltata, risulta essere alla base anche della Title Track: un gradevole Hard Rock dominato ancora dalle sei corde di Hurst ed ultimato da una trama melodica riuscita in cui intravedere leggeri echi di Aerosmith e Mr. Big.
“Her World Is Love” prosegue con coerenza il percorso musicale del gruppo inglese, il quale pone nuovamente in evidenza la componente melodica del proprio sound attraverso un ritornello arioso e suggestivo.
Con la seguente “She’s On Fire”, la band continua a viaggiare su lande di stampo Hard Rock di buon livello qualitativo, anche se in questo caso una carica aggressiva più accentuata avrebbe contribuito a rendere il brano maggiormente interessante.
Squisite venature country animano le atmosfere di “Summer Time”, episodio acustico in grado di restituire nuova linfa vitale ad un album che può così proseguire con la sempre controllata “Angel”, graziata dalla classe interpretativa del cantante britannico, protagonista di un ritornello dal sapore seventies ben inserito nel contesto di una ballad semplice e di piacevole ascolto.
La successiva “Lockdown” abbandona finalmente le velocità cadenzate delle precedenti canzoni per favorire un sound più diretto e sanguigno nel quale i The Jokers si dimostrano perfettamente a proprio agio, riuscendo nell’impresa di rendere l’album un po’ più vario e dinamico.
Atmosfere sognanti caratterizzano ancora la suggestiva “Dream”, pezzo che tuttavia non riesce pienamente nel compito di bissare la carica della ballad precedentemente proposta.
Le rockeggianti “Salvation” e “Silver City” giungono come una ventata d’aria fresca che accompagna al cospetto della non esaltante “Everywhere I Go”, la quale a sua volta precede la più sostenuta e vincente “Rockerman”, traccia che suggella con successo la fine di un album complessivamente discreto, anche se caratterizzato da una scomoda staticità di fondo che ne impedisce – purtroppo – il decollo definitivo.