Recensione: Hyborea
Inizialmente s’era creata attenzione attorno ai Keen of the Crow per via della presenza, fra le loro fila, del bassista e del batterista dei Morgion; con Hyborea, il gruppo dimostra di non avere alcun bisogno di adagiarsi sulla fama del mai troppo compianto colosso del death-doom, e di avere invece personalità da vendere. Il demo rilasciato nel 2004 e l’EP Premonition del 2005 già facevano presagire grandi cose, e le promesse sono state pienamente mantenute: i Keen of the Crow rientrano di diritto fra i migliori esponenti del death-doom moderno.
Nonostante ne condividano la sezione ritmica, i Keen of the Crow prendono poco e nulla dallo stile lento e cadenzato dei Morgion (soprattutto se consideriamo le ultime fasi del gruppo), proponendo invece un approccio molto più violento e diretto, ma non privo di aperture melodiche decisamente azzeccate. Il tempo, a differenza di molti altri gruppi doom, non è mai particolarmente lento, e anzi ci sono numerose sfuriate che hanno molto più in comune col death metal che non col doom. Ciò che riporta i Keen of the Crow in quest’ultimo genere, però, sono degli stacchi melodici e acustici di grande atmosfera, che unitamente alla pesantezza del sound conferiscono alla musica un tono generalmente non malinconico, ma battagliero ed epico. Dove invece l’influenza dei vecchi Morgion si fa più sentire è nella terza e nella quinta traccia, che per la loro breve durata potrebbero essere considerate degli intermezzi (sebbene entrambe contemplino l’uso della voce), ma che sembrano uscire direttamente da quel capolavoro di Solinari. Generalmente le canzoni, però, sono un vero assalto sonoro di un quanto mai riuscito connubio di aggressività e melodia, forti soprattutto di un’interpretazione vocale di come non se ne sentivano da un po’ di tempo: il growl “urlato” del cantante ruba letteralmente la scena, ed è in grado da solo di conferire un’ulteriore dimensione ad una struttura compositiva già di per sè ispirata e dotata di molteplici sfaccettature. L’opener Where Dead Kings Lie è un esempio perfetto di cosa sono in grado di fare i Keen of the Crow, col suo sapiente alternarsi di parti tirate e violente, e stacchi melodici; altre tracce di spicco sono To Reach Emptiness e Burning Away, che si distinguono per un utilizzo più consistente della voce pulita (a confermare la bravura del cantante), o ancora Stygian Black Lotus per la sua vena atmosferica; ma tutte le canzoni sono egualmente valide e di elevatissima qualità.
Un lavoro ottimamente composto e confezionato, questo debut dei Keen of the Crow, che mette in risalto una grande cura dei dettagli e una notevole maestria nell’unire pesantezza e melodia. Un’altra rivelazione del 2007, ed uno dei gruppi da seguire con maggiore attenzione nel panorama doom: se questi sono soltanto gli esordi, i Keen of the Crow sono destinati ad arrivare in alto.
Giuseppe Abazia
Tracklist:
1 – Prologue (00:56)
2 – Where Dead Kings Lie (09:25)
3 – Hyborea (02:56)
4 – Left For The Wolves (05:36)
5 – The Eye Of The Serpent (02:00)
6 – To Reach Emptiness (08:20)
7 – Burning Away… (07:16)
8 – Valeria (06:08)
9 – Seeking Fury, Becoming Wrath (06:31)
10 – Stygian Black Lotus (06:06)
11 – Epilogue (00:58)