Recensione: Hypothetical
Quinto studio album per la band inglese, autrice di quello che si potrebbe (me ne assumo tutte le responsabilità, visti i tempi) definire progressive thrash metal. Vero è che la ricerca di tecnicismi ha relegato al dimenticatoio molti gruppi, quindi spesso l’attributo “prog” è quantomeno sintomatico. Nel caso dei Threshold sta a significare un’evoluzione a livello sonoro e compositivo di stilemi già affermati, come quelli del rock settantiano e del thrash. L’ascolto, infatti, è consigliatissimo sia agli amanti del metal ben suonato e ben composto, sia a chi dedica una cura particolare alla scelta dei suoni (vi accorgerete di meravigliosi suoni synth), sia ai nostalgici di certo rock anni ’70.
Pur essendo dei musicisti eccezionali, non si abbandonano all’uso sfrenato di virtuosismi e individualismi, preferendo di gran lunga la riuscita complessiva del pezzo. Figlio di queste apprezzabili considerazioni, “Hypothetical” è un disco pieno di atmosfere visionarie e progressive, psichedelie musicali che grazie alla grandissima classe dei Threshold infarciscono i brani di parti soft e introspettive, senza mai perdere la potenza e l’aggressività di soluzioni tipicamente thrash. Insieme alle due potenti song iniziali, una citazione per tutte va all’intro della lunghissima “The Ravages Of Time”, in cui si sente quasi l’eco dei migliori Metallica, per poi sfociare nello pseudo hard-rock dell’azzeccatissimo ritornello.
Di sicuro non è un disco immediato, ma la melodia di certo non viene a mancare, anche se non colpisce al primo impatto. E la forza di un album del genere sta proprio nella sofisticatezza di certe scelte, che richiedono forse una maggiore attenzione al momento dell’ascolto, risultando alla fine molto emozionante, grazie proprio a quel senso di oscura malinconia che “di primo acchitto” trasmette. L’esempio più calzante è fornito da “Sheltering Sky”, ballad malinconica e fortemente evocativa, ricca di elementi melodici tutt’altro che banali, ma di grande effetto. Il senso di forte oppressione melodica si mantiene alto per l’intero disco, deviando a tratti in momenti di grande impatto melodico, come in “Oceanbound”, in cui sentire gli Eagles più ispirati non è solo una fantasia. Il pathos melodico si raggiunge però con la meravigliosa “Long Way Home”, vero e proprio gioiello thrash-rock. Si prosegue quindi con “Keep My Head”, romantica e di gran gusto (chi ha detto Richard Sanderson?), per finire con “Narcissus”, in cui la ricercatezza trova il suo apice: la song tocca coi suoi 11 minuti tutte le soluzioni sperimentate nel corso dell’intero album, risultando una summa veramente ben riuscita della capacità compositiva dei Threshold.
Non ho parlato appositamente delle individualità, perché questo disco da’ un’idea compatta di gruppo, come raramente accade nel prog., ed è un motivo per tenere in grande considerazione un album che forse non è essenziale, ma ha il grande pregio di far riflettere su di esso come un’entità inscindibile.
Tracklist:
1. Light and Space
2. Turn on Tune In
3. The Ravages of Time
4. Sheltering Sky
5. Oceanbound
6. Long Way Home
7. Keep My Head
8. Narcissus