Recensione: I
Davvero un esordio col botto quello degli Xerath, Inglesi della contea di Hampshire che, a soli due anni dalla fondazione del monicker, non solo debuttano su disco ma dimostrano subito grande personalità ed estrema limpidezza d’intenti.
I quattro sono convinti alfieri di un certo metal moderno, che fa delle atmosfere rarefatte e del sinfonismo il mantello di epicità ideale per amplificare le potenzialità lirico/compositive al limite dell’estremismo e dell’ipertecnicismo della musica, e sono quindi figli fin troppo diretti di band madri di questo genere, in tempi non sospetti, come: Fear Factory, Devin Townsend con i suoi sterminati progetti (Strapping Young Lad su tutti) e, per tornare in Europa, degli ipercervellotici Meshuggah.
Il preambolo si disegna come impegnativo e carico di promesse che i ragazzi riescono però a mantenere nella gran parte, a mio parere, mettendoci anche un pizzico di farina del proprio sacco.
La musica contenuta in I, titolo che fa trasparire i connotati di un profondo viaggio introspettivo le cui tappe sono le dieci tracce dell’album, risulta terribilmente coinvolgente, soprattutto di quella zona del nostro inconscio, proprio sulla linea di confine tra l’essenza della ragione e la generatrice del sentimento, che ci fa godere alla vista di una qualsiasi manifestazione della battaglia, senza vincitori, tra le immense forze della natura e la tecnica ingegnosa dell’uomo.
Il grande amore degli Xerath per le colonne sonore cinematografiche chiude il cerchio.
La musica del combo britannico è un potente e martellante thrash/death dalle partiture infarcite di prog, caratterizzato da un sound curatissimo in studio con svariate iniezioni cyber-elettroniche, la cui carica impetuosa riemerge e si rituffa, tra una sfuriata e l’altra, in baratri di orchestrazioni dal forte potenziale emozionale: come nel caso della opener Intrenity o della splendida accoppiata che fa capo all’ intermezzo orchestrale Interlude, che sembra uscito da uno spartito di Danny Elfman, e che sfocia nella rabbia progressive di False History.
E’ forse proprio questa la chiave di lettura di un progetto artistico come Xerath. Perchè le onnipresenti orchestrazioni qui non vanno semplicemente ad infarcire il loro sound il quale, illuminato anche da una eccellente produzione, risulta invece molto snello e fluido, ma vanno invece a fare proprio da contraltare catartico a tutto il furore sputato fuori con lo screaming di Richard Thomson, in una continua altalena tra le sensazioni più contrastanti. Nel perseguimento di tale scopo si devono leggere anche i tentativi (seppur ancora sporadici) di inserire clean vocals sia da parte dello stesso frontman (in Reform Part I) sia femminili nel caso di un brano come Nocturnum.
Il risultato che I ci mostra è una band già matura e convinta delle proprie idee musicali che magari non farà gridare al miracolo, ma che promette molte, molte cose per il futuro, soprattutto se saprà scrollarsi definitivamente di dosso, col passare del tempo, alcune influenze troppo ingombranti che, superficialmente, ne caratterizzano ancora troppo il suono.
In ogni caso i quaranta minuti che vi serviranno per ondeggiare tra i trepidanti flutti di questo disco non vi lasceranno certamente insensibili di fronte al “filmscore metal” degli Xerath. E non dimenticate il giubbetto di salvataggio!….
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
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Tracklist
01. Intrenity 03:32
02. Alterra 02:48
03. Nocturnum 03:46
04. Consequences 04:28
05. Interlude 01:40
06. False History 03:47
07. Abiogenesis 05:54
08. Reform Part I 03:21
09. Reform Part II 04:35
10. Right To Exist 05:40
Total playing time 39:31