Recensione: I Am God

Di Stefano Ricetti - 18 Agosto 2006 - 0:00
I Am God
Band: Rivera Bomma
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
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76

Rivera Bomma è il gruppo americano con base nel New Jersey derivato dall’unione del cantante Johnny Bomma (già negli Hades) e del chitarrista polistrumentista Rod Rivera. I am God, per grazia di Dio, non è uno dei proclami che dovevamo sorbirci da parte di un ben noto politico nostrano in balia dei propri sempre più frequenti  trip visionario-egocentrici ma il secondo album del combo made in Usa, quattro anni dopo l’uscita del loro esordio Invisibile Force. Le coordinate stilistiche e le tematiche trattate ricadono in pieno nel filone White Metal, ovvero il rock cristiano che ebbe negli Stryper i più autorevoli portabandiera qualche lustro or sono. L’essenza di I am God è un power metal adulto, con innumerevoli richiami in generale ai grandi maestri del passato come Deep Purple e Rainbow, oltre a influenze più recenti come Axel Rudi PellHelloween ultimo corso e Labyrinth prima maniera, il tutto concepito con lo spettro di Ronnie James Dio come direttrice vocale.

Undici sono le tracce contenute all’interno del Cd, conteggiando anche l’intro di I am God e la strumentale spagnoleggiante La Voz de mi Guitarra. Tutti i brani, senza distinzione alcuna, suonano freschi e coinvolgenti, grazie anche a qualche inserto di progressive qua e là. Vi basti pensare che questo dischetto ottico gira ininterrottamente da due settimane all’interno del Cd-player della mia Alfa, crescendo ascolto dopo ascolto.

La semi-ballad Oh Girl continua a stupirmi, nonostante di primo acchito non mi avesse impressionato; un altro brano di assoluto livello è You are my Child con Johnny Bomma sugli scudi. I “maestri” Stryper si ritrovano in Ridin High, tanto da sembrare un brano loro, Holy One ricorda i Savatage, Sing to Me richiama i nostri Labyrinth da vicinissimo e la conclusiva Revelation/Midnight Sunlight rimembra qualcosa dei Judas Priest più recitativi così come Help è vicina agli Helloween versione Deris.     

Da sempre ritengo che l’heavy metal debba essere divertimento e aggregazione, gioia di vivere e motivo di carica, con la potenza che sprigiona, per affrontare le difficoltà della vita con il sorriso sulle labbra. Sinceramente ne ho piene le tasche – per non dire di peggio… – di messaggi negativi, inni alla violenza, alla morte e messaggi anti-cristiani che altro non servono che a cercare di vendere qualche copia in più e ritagliarsi lo spazio sui media “normali” passando per blasfemi incalliti. Quello che ancora di più mette tristezza è poi vedere recentissimamente band storiche di assoluto valore musicale in ambito thrash, per di più composte da persone ormai adulte, accodarsi ai cliché di cui sopra a fin dalla copertina del loro ultimo album, per sfruttare il filone fino all’osso. Sinceramente le differenze fra quel fenomeno da baraccone per far soldi che è Madonna, passata recentemente da Roma per il suo “Confessions Tour” collezionando circa settantamila persone paganti – se non erro – e la band alla quale mi riferivo sopra sono proprio sottili… Ben vengano quindi gruppi come i Rivera Bomma, che restituiscono un poco di dignità al genere, ormai fin troppo infangato da proclami sempre più discutibili di gente che al di fuori dei riflettori, spogliata della maschera che indossa, ride grassamente dei fan che li credono dei semidei, ottenebrati dall’iconografia tronfia che toglie loro il lume della ragione.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti       

 

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