Recensione: I Am The Fire

Di Roberto Gelmi - 2 Aprile 2014 - 20:03
I Am The Fire
Band: Gus G.
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2014
Nazione:
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78

Chi ha detto che il monte Olimpo è orfano di dei? Dalla Grecia con furore il chitarrista trentatreenne di Firewind e Ozzy Osbourne, Gus G. (pseudonimo di Konstantinos Karamitroudis) propone il suo secondo album solista, dopo “Guitar Master” del 2001.

Il giovane shredder è un talento indiscusso e vanta collaborazioni illustri (Mystic Prophecy, Nightrage, Arch Enemy, Dream Evil), che ne hanno consolidato la fama di alfiere della scena hard n’ heavy greca. L’ultimo platter in casa Firewind, “Few Against Many”, ha confermato quanto di buono la band power sa fare; con “I Am The Fire” il polistrumentista punta su un sound meno veloce e più groovy, avvalendosi di una schiera di ospiti illustri. A questo proposito, più che una DIY band, meglio parlare di un album eclettico, dove la scelta di coinvolgere più cantanti non implica un’eccessiva disorganicità, ma arricchisce il sound proposto.

L’opener “My Will Be Done” attacca sapida e Mats Levén (le cui comparsate non si contano più) canta in modo inappuntabile: lo ritroveremo in altri brani del platter. Tra il metal e l’AOR, la traccia dal titolo blasfemo fa capire su che binari intende collocarsi la nuova fatica solista del mastermind greco. Gus G è uno shredder formidabile, non Petrucci o Malmsteen, ma con la sua ESP ci sa fare.

Ritroviamo il cantante dei Therion nella successiva “Blame It on Me”, brano sbarazzino (con echi a là Van Halen) dal refrain catchy, tra delay e controcanti. Buoni abbellimenti nell’assolo di chitarra che non sfigura con un Loureiro.
La title-track inizia con ritmiche “ignoranti”; al microfono Blake Allison che, con un timbro meno aggressivo di quello di Levén, dona ecletticità all’album. Canzone passabile ma niente più.
Nella prima della due strumentali del platter, a duellare con Gus G troviamo niente meno che David Ellefson.

Vengeance” è sorretta da un drumwork in doppia cassa e vengono suonate centinaia di note a velocità sostenuta. Un brano da G3, poco ma sicuro.
Intro acustico per “Long Way Down”, traccia con voce femminile, potente e carismatica, che mi ha ricordato Magali Luyten dei Virus IV. Ancora inserti acustici per “Just Can’t Let Go”, composizione con Jacob Bunton alla voce. Tanta melodia su ritmi dilatati: un filler passabile.

“Terrified” è la seconda strumentale al fulmicotone con Billy Sheehan (Winery Dogs, Mr. Big) come valore aggiunto. Potremmo scambiarla per un brano del chitarrista degli Angra. Sonorità thrashy, ritmiche affilate e fuochi d’artificio nei secondi finali.
“Eyes Wide Open” attacca in modo cadenzato. La voce multiforme e oscura di Levéns calza a pennello sulle ritmiche, ma Russel Allen o Jørn Lande avrebbero dato una marcia in più al brano.
“Redemption” parte con un bel riff semiacustico, poi un acuto (simil David Lee Roth) di Michael Starr porta una ventata di freschezza. Buone le linee di basso ad opera dello stesso Gus G. (così dovrebbero suonare band come gli Adrenaline Mob), che accenna un assolo malmsteeniano, per poi virare su lidi meno tecnici, ma ben più appaganti.
Jeff Scott Soto ci riporta negli anni Ottanta con “Summer Days”, tra i migliori brani dell’album. AOR allo stato puro.

Siamo sul finire: “Dreamkeeper” è una ballad strappalacrime, con il titanico (in tutti i sensi, è alto quasi due metri!) Tom Englund a interpretare una composizione vicina a “Wake Up Blind” degli Evergrey. Ancora un assolo ispirato, degno del miglior Petrucci “pulito”, con un accenno di legato. Altro pezzo sopra la media.
Composizione più lunga del disco, “End of the Line” presenta all’inizio un inaspettato Levéns su registri bassi. Un commiato tra il mesto e il consolante.

In definitiva un album inaspettatamente (?) ben concepito e arrangiato. Non c’è il solito profluvio di tecnica proprio di certi virtuosi chitarristi metal, ma prevale l’attitudine genuinamente rock dell’ancora giovane Gus G. I tanti ospiti sono suoi degni comprimari, anche se le due strumentali vanno incluse nei momenti migliori del platter. Per tutti gli amanti di sonorità “classiche” e produzioni cristalline.

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