Recensione: I Djävulens Avbild
L’uggiosa atmosfera autunnale si presta in particolar modo all’analisi di “I Djävulens Avbild”, ultima fatica in studio degli svedesi Ov Shadows. Il quartetto di Gothenburg presenta quest’album come una solida composizione di black metal svedese moderno: non parliamo dichiaratamente di un concept album, ma il percorso delineato dalla band nella fruizione dei sette brani proposti invita alla contemplazione dell’oscurità che ci portiamo dentro, che può portare solo ad un trionfo di nichilismo iconoclasta. “Un monumento ad una vita estinta”, come recita il quarto brano del lotto, sembra la definizione più calzante per quest’opera. Siamo davanti a quattro musicisti molto capaci, che vengono esaltati da una produzione pressoché perfetta: batteria chirurgica e “vera”, riff molto tetri e malinconici, con un basso che prende lo spazio che deve, senza sparire né invadere le tracce. Dopo un ottimo inizio esplosivo in cui (per citare ancora un brano dei nostri) “La melodia vortica come foglie d’autunno al vento”, ci troviamo davanti “Under Dödens Vingar” : brano molto cupo e compassato, con delle belle accelerate dove necessario ed uno scream che graffia al punto giusto le orecchie dell’ascoltatore. Questo pezzo in particolare risulta perfetto nel posizionamento: essendo posto nel cuore dell’album dà in qualche modo “respiro” al fruitore, impedendo di soverchiarlo con un muro sonoro di brutalità che, per quanto non caotica, a lungo andare avrebbe potuto perdere mordente se ininterrotta. Le malinconiche chitarre che pervadono tutta la composizione si sentono in maniera preponderante nella title track: questa procede su ritmi inizialmente compassati, per poi acquisire velocità. Batteria sempre precisa e ispirata che non fa solo da metronomo, ma anzi arricchisce il quadro compositivo generale. Ottime anche le chitarre, che passano costantemente da suoni più alti a più bassi, da pennate tenui a rudi. A chiudere il cerchio troviamo “Av Kunskap Krönt Till Gud”, che rappresenta l’esempio principe della potenza ordinata espressa dai quattro di Gothenburg. Qui grazie ad un fine lavoro di basso si manifestano delle continue dissonanze, che creano una costante dicotomia sonora in seno ai taglienti riff di chitarra, colpendo nel segno fino all’ultimo dei 43 minuti che caratterizzano quest’opera. Il giudizio non può che essere positivo: ciascun brano è pervaso dalla mesta atmosfera che ogni album black metal deve presentare, elevando all’ennesima potenza le capacità dei singoli componenti della band, che hanno dato vita ad un prodotto di qualità, solido e d’impatto.