Recensione: I Live Too Fast To Die Young
Ci personaggi nel mondo hard’N’heavy che hanno il potere, esagerando un po’, di rendere oro tutto quanto luccica. Uno di questi è Michael Monroe, finlandese di nascita, classe ’62 nonché fondatore, nel 1979, dei mitici Hanoi Rocks. Dopo lo scioglimento di quella band a metà anni Ottanta intraprese una carriera solista trasferendosi a New York che lo ha portato sino ad oggi, dopo una decina di album in studio, a continuare a calcare le scene (recentissimo il suo concerto di Milano in compagnia di Alice Cooper) e pubblicare album.
I Live Too Fast To Die Young, licenziato dalla Silver Lining Music è il suo ultimo parto discografico e oggetto della recensione. 37 minuti di hard rock polveroso e bastardo, dalle molteplici venature, come da sempre ci ha abituato Mr. Monroe. Il Cd, avviluppato in una confezione digipak, contiene un libretto di sedici pagine con tutti i testi e una foto della band nelle due centrali. Ad accompagnare il cantante finlandese naturalizzato statunitense un nugolo di musicisti con i controcolleoni, mica gli ultimi quattro cudeghìn scappati di casa: Sami Yaffa (Hanoi Rocks, New York Dolls, Jetboy) al basso, Steve Conte (New York Dolls, Company of Wolves) e Rich Jones alle due chitarre e last but not least Karl Rockfist alla batteria.
L’irriverente, fottutamente Monroe oriented “Murder The Summer Of Love” posta non a caso in apertura, sulla scia di come si era usi fare negli anni Ottanta, risulta l’highlight del disco e infatti Michael & Co. l’hanno suonata al gig del 19 giugno 2022 all’Alcatraz in apertura ad Alice Cooper. Ritengo che d’ora in poi diverrà una presenza fissa e inamovibile nel setlist dell’ex Hanoi Rocks. L’altro estratto del disco proposto dal vivo è stata la title track, anch’essa intrisa di retrogusto punk e innervata dal chitarra e dal solo di tale Slash. Meritano una menzione particolare anche la struggente “Derelict Palace”, un affresco malinconico che solo vecchie triglie dell’hard quali Rich Jones sanno concepire con cotanto affascinante retrogusto, poi la ballata “Antisocialite”, sebbene su di un piano inferiore rispetto al pezzo sopraccitato. Il resto della ciurma della tracklist si assesta su buoni livelli, a garantire la robustezza di questo disco targato 2022, con l’inconsueta “Dearly Departed” deputata a chiudere baracca e burattini.
You Live Too Fast To Die Young, vero Michael?
Avanti così, vecio…
Stefano “Steven Rich” Ricetti