Recensione: I Stand

Di Vito Ruta - 21 Marzo 2023 - 0:01
I Stand
Band: Demons Down
Etichetta:
Genere: Hard Rock  Heavy 
Anno: 2023
Nazione:
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71

Prima release per i Demons Down, intitolata “I Stand”, che presenta in copertina un combattente medievale, il quale, nonostante le ferite riportate in combattimento, è riuscito a mantenere la posizione e il possesso del proprio stendardo.

Il gruppo vanta due astri nascenti: James Robledo (Sinner’s Blood), cantante cileno, consegnato all’attenzione internazionale grazie alla partecipazione allo show “The Voice (Chile 2)”, e Francesco Savino chitarrista e songwriter nostrano, fondatore della band metal gothic False Memories.
Gli ulteriori membri del gruppo sono tre veterani: il chitarrista Jimi Bell, il bassista Chuck Wright e il batterista Ken Mary.

Bell è nelle attuali formazioni degli House Of Lords e Autograph (il cui destino può dirsi irreversibilmente segnato dalla prematura dipartita di Randy Rand).
Wright inizia nel 1982 a collaborare con i Quiet Riot (suo il basso della trascinante “Metal Health”, title track del terzo album), band dalla quale uscirà per poi rientrare più volte, e, successivamente, con un gran numero di band ed artisti di spicco, tra cui Giuffria, House of Lords, Heaven & Earth, Alice Cooper, Doro, MSG e tanti, tanti altri, con presenze in oltre 80 uscite discografiche.
La carriera di Ken Mary è altrettano movimentata, avendo anch’egli suonato con/per tanta gente, tra cui Alice Cooper, Jordan Rudess, Northern Light Orchestra, Kip Winger, House of Lords, The Beach Boys, Impelliterri, Don Dokken, Fifth Angel, Bonfire, TKO.

Dati i curriculum e le abilità dei partecipanti, l’esordio, targato Frontiers Music, dei Demons Down nasce, sulla carta, sotto i migliori auspici ed è lecito aspettarsi un album di alto livello.

Il platter apre con tre brani “I Stand”, “Disappear” e “Down In A Hole” che, ciascuno a suo modo, riescono a mantenere la promessa di epicità evocata dalla copertina. Il tutto tra atmosfere care all’hard rock anni 80′-90′, addomesticate alle sonorità AOR, ed un pizzico dello stile dei californiani “House of Lords” (band, dalla quale tutti i musicisti veterani sono passati, nata dalla mente vampiresca-imprenditoriale di Gene Simmons) a fare da collante.

La ballad “On My Way To You”, la mid tempo “Where Will Our Tears Fall ?“ segnano, assieme alla successiva “Book Of Love”, un abbassamento del livello compositivo e, proponendo sonorità troppo familiari, finiscono per farsi bollare con la formula “già sentito”.

Stranded In The Middle Of Nowhere”, forse il brano migliore dell’intero set, vede, per la prima volta, un certo coinvolgimento da parte del gruppo con un Robledo che, superato il dovere di fare correttamente i compiti a casa, riesce finalmente a graffiare, e tutti gli strumenti far fronte comune per richiamare e rafforzare il tono epico dei primi brani.

Ancora una volta quello che manca in “Follow me”, “To The Edge Of The World” e parzialmente in “Search Over The Horizon” e “Only The Brave”, che chiude un album dal contenuto altalenante, è la carica emotiva.

Grandi assoli di chitarra, melodia a volontà, musicisti di prim’ordine, missaggio perfetto ma…. tanto non basta a “Stand” per soddisfare pienamente le aspettative.

L’impressione complessiva che si ricava dall’ascolto dell’album è che, nonostante ciascuno abbia fornito in maniera assolutamente professionale il proprio apporto, si tratti di un prodotto più pensato che sentito, privo di insomma di quella visceralità capace di trasformare brani “bellini” in brani che spaccano.

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