Recensione: Idmen
Gli appassionati di progressive non si saranno fatti sfuggire a suo tempo uno dei debutti più interessanti del 2004: ‘S.U.S.A.R.’, gioiellino firmato Indukti. Il combo della sempre fertile terra polacca ha lasciato correre cinque anni prima di concedere il bis. Ora, contratto con InsideOut alla mano, torna a farsi sentire sperando di aver raggiunto l’unica cosa che mancava al disco di esordio – la visibilità.
Prendete tutti i cliché del progressive odierno e buttateli nel cesso. I nostri hanno ben poco a spartire con Fates Warning o Dream Theater. Forse qualche atmosfera in comune con i vecchi Pain Of Salvation, ma la loro di fatto è un’altra scuola. Isis, Tool, Meshuggah, Voivod, Orphaned Land, Van Der Graaf Generator e naturalmente King Crimson (sembra che non si possa comporre nulla di nuovo senza pagar dazio a Fripp): una rosa dai petali variopinti, che oggi gli Indukti non si trattengono dallo sfogliare per mettere a nudo la propria essenza. Cosa resta?
Rassegnatevi a una prolungata apnea nelle otto tracce di ‘Idmen’ per scoprirlo. Claustrofobico, drammatico, annichilente, l’album squarcia qua e là lembi di post-rock, world music, thrash, jazz e prog rock per dare forma ad abominii sfuggenti, che calpestano ogni sorta di forma-canzone per raspare e lacerare la pelle coi loro suoni ossessivi e maledetti. Ritmiche da cefalea acuta incontrano percussioni tribali e violini stridenti, con un gusto per la melodia d’Oriente che ‘Sansara’ afferma e ‘Tusan Homichi Tuvota’ ribadisce. Le voci si moltiplicano e si disperdono, come in un teatro degli orrori in cui vanno in scena ora un quasi-pulito lirico e profondo, ora uno screaming di bestiale ferocia, ora il sibilo di un mantra senza espressione. Tutto questo in un solo brano, che ormai a ragione si chiede ‘…And Who’s The God Now?!’. Ma sanno essere anche lunghi i silenzi del microfono, che cede alla prepotenza strumentale del manifesto d’intenti ‘Indukted’, o arretra commosso innanzi al monologo di sax in ‘Ninth Wave’.
Fermiamoci qui, l’antifona è chiara: ‘Idmen’ è uno degli snodi fondamentali del progressive 2009 – ammesso che qui abbia ancora senso parlare di progressive. Fra qualche anno gli esperti, per “capire l’evoluzione del genere”, ci manderanno a studiare dischi come questo. Voi sorprendeteli, armatevi di cuffie e aspirina, dopodiché regalatevi un’ora in compagnia degli Indukti. Non sarà mai tempo sprecato.
Riccardo Angelini
Tracklist:
1. Sansara
2. Tusan Homici Tuvota
3. Sunken Bell
4. …And Who’s The God Now!
5. Indukted
6. Aemaet
7. Nemesis Voices
8. Ninth Wave
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